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Lunedì 6 gennaio 2025

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La stella e le scritture

Dio seduce perché parla la lingua della gioia

Cuneo

La Guida - La stella e le scritture

Is 60, 1 – 6; Sal 71; Ef 3, 2-3a. 5-6; n 2, 1-12

La solennità dell’Epifania invia messaggi di speranza: c’è un Dio dei lontani, dei cammini, dei cieli aperti e tutti, nella vita, hanno la loro strada per giungere a Lui.
C’è un Dio che ti fa respirare, che sta in una casa e non nel tempio, in Betlemme la piccola, non in Gerusalemme la grande.
E gli Erodi che di volta in volta si presentano sulla scena della storia possono opporsi alla verità, rallentarne la diffusione, ma mai bloccarla: essa vincerà comunque, anche se è debole come un bambino.
Il cammino dei Magi d’Oriente è l’inizio di una grande processione che continua lungo tutta la storia. Con questi uomini inizia il pellegrinaggio dell’umanità verso Gesù Cristo.
Prima erano venuti i pastori. Ora vengono anche i sapienti di questo mondo. Vengono grandi e piccoli, re e servi, uomini di tutte le culture e di tutti i popoli.
Che tipo di uomini erano questi sapienti?
Pare che essi appartenevano alla grande tradizione astronomica che si era sviluppata nella Mesopotamia.
Ma questa informazione da sola non basta. C’erano molti astronomi nell’antica Babilonia, ma solo questi pochi si sono incamminati e hanno seguito la luce che avevano riconosciuto quale stella della promessa, quale indicatore della strada verso il vero Re e Salvatore.
Essi erano uomini che guardando il cielo volevano capire che cosa conta nell’essere uomini.  Erano persone dal cuore inquieto, uomini alla ricerca di Dio, vigilanti perché capaci di percepire i segni dell’Altissimo nel suo linguaggio sommesso.
Ma erano anche uomini coraggiosi e insieme umili: possiamo immaginare che dovettero sopportare qualche derisione perché si incamminarono affrontando le fatiche di un percorso lungo ed incerto.
Il cuore inquieto, come diceva sant’Agostino, è il cuore che, in fin dei conti, non si accontenta di niente che sia meno di Dio e, proprio così, diventa un cuore che ama.
Oggi forse, la sensibilità comune cerca di nascondere questa inquietudine.
Ma non soltanto gli esseri umani siamo inquieti in relazione a Dio, poiché il cuore stesso di Dio è inquieto in relazione all’uomo. Dio attende noi, è in ricerca di noi. Anche Lui non è tranquillo, finché non ci ha trovato.
Il cuore di Dio è inquieto e per questo si è incamminato verso di noi, verso Betlemme, verso il Calvario, da Gerusalemme alla Galilea e fino ai confini del mondo. L’incarnazione è anche questo: Dio è inquieto, è in ricerca di persone che si lasciano contagiare dalla sua inquietudine, dalla sua passione per l’umanità.
I Magi hanno seguito la stella.
Attraverso il linguaggio della Creazione hanno trovato il Dio della storia. Quegli uomini cercavano le tracce dell’Altissimo leggendo la sua «firma» nella Creazione; sapevano che «i cieli narrano la gloria di Dio» (Sal 19,2); erano certi che Dio può essere intravisto nel creato.
Ma, da uomini saggi, erano altrettanto consapevoli che non è con un telescopio qualsiasi ma con gli occhi di chi cerca il senso ultimo della realtà che è possibile incontrare Dio, anzi si rende possibile che l’Eterno si avvicini a noi.
Il linguaggio della Creazione da solo non basta. Solo la Parola, la Sacra Scrittura poteva indicare loro definitivamente la strada.
Dai Magi dovremmo imparare anche il non temere i malintesi.
Il loro cammino è pieno di errori: arrivano nella città sbagliata; parlano del bambino con l’uccisore di bambini; perdono la stella, cercano un re e trovano un bimbo, non in trono ma fra le braccia della madre.
Eppure non si arrendono ai loro sbagli e hanno l’infinita pazienza di ricominciare, finché «al vedere la stella provarono una grandissima gioia».
Dio seduce perché parla la lingua della gioia.
Possiamo fare nostre – senza però la perfidia di Erode –  le parole del re e ripeterle a ciascuno: «hai trovato il Bambino?».
Cerca ancora, accuratamente, nei libri, nell’arte, nella storia, nel cuore delle cose; cerca nel Vangelo, nella stella e nella Parola, cerca nelle persone, e in fondo alla speranza; cerca con cura, fissando gli abissi del cielo e del cuore umano, e poi fammelo sapere perché venga anch’io ad adorarlo.
Aiutami a trovarlo e verrò, come farà Andrea con il fratello Simone: «Abbiamo trovato il Messia e lo portò da Gesù».

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