Occorre accoglienza, vicinanza, accompagnamento nei confronti di chi resta. Un lungo lavoro che negli ultimi anni ha abbattuto le opposizioni alla donazione di organi e tessuti, consentendo all’Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle di attestarsi ben al di sotto dell’indicatore nazionale del 33% di opposizioni (ha registrato il 25% nel 2023 e il 20% in questa fase dell’anno in corso).
Ne parlano il Direttore del Dipartimento Emergenze e Aree Critiche Giuseppe Coletta, il Direttore della Rianimazione Domenico Vitale, l’anestesista e coordinatrice ospedaliera per le donazioni di organi e tessuti Federica Lombardo e Patrizia Rosso, infermiera esperta nel procurement.
“Il S. Croce ha una vocazione in questo delicato ambito – spiega il dottor Coletta – la prima donazione (di soli reni) risale al 1981. Da allora c’è stato uno sviluppo importante, con una lunga storia che ha portato ad un’ottima organizzazione sul territorio”.
Nel 2023 i prelievi multiorgano sono stati 15 al S. Croce, con 24 segnalazioni di donatori in morte encefalica (vanno decurtate di 6 opposizioni e dei casi di non idoneità al prelievo): sono stati prelevati 29 reni e 15 fegati (organi per i quali non ci sono limiti di età), oltre a cuori e polmoni. Anche sui tessuti la posizione è ottima: 57 prelievi di cornee nel 2023, al di sopra dell’obiettivo stabilito per il S. Croce dalla Regione.
Il percorso per giungere al donatore è molto chiaro, segue protocolli precisi. “In genere – spiega la dottoressa Lombardo – siamo di fronte a pazienti ricoverati in Terapia intensiva a causa di un danno cerebrale gravissimo che evolve a morte encefalica. La certificazione arriva dopo 6 ore di osservazione da parte di un collegio medico a cui partecipano un anestesista, un neurologo e un medico di direzione sanitaria o medico legale. Durante l’osservazione vengono fatti al potenziale donatore degli esami per accertare l’idoneità degli organi al prelievo”. Oggi in Italia ci sono 20 milioni di persone che si sono espresse in vita, con una percentuale del 70% di favorevoli alla donazione. In assenza di disposizioni si parla con i familiari aventi diritto, a cui è richiesto di farsi portavoce cercando di interpretare la volontà donativa del paziente.
Le donazioni richiedono anche un importante lavoro di tipo organizzativo, impegnano personale e sale operatorie. Come quando di recente, ci sono state in contemporanea due osservazioni di morte cerebrale in Rianimazione. E questo fatto, molto positivo in sé, ha richiesto uno sforzo notevole per mettere in campo un’organizzazione complessa con disponibilità di personale di sala.
Poi ci sono le nuove frontiere, in questo campo. Ne parla il dottor Vitale: “Si tratta della donazione a cuore fermo. Riguarda in genere pazienti con danno cerebrale gravissimo, irreversibile e refrattario alle terapie per i quali, in accordo con i familiari, si opera la scelta etica di sospendere le terapie futili. Una percentuale considerevole di tali pazienti evolve in morte cardiaca nei reparti di rianimazione. Ebbene, oggi in questa specifica situazione, dopo l’accertamento di morte, è possibile ripristinare la funzionalità degli organi addominali attraverso una circolazione extracorporea, consentendo il prelievo di fegato e reni. Cuneo in questo genere di prelievi è seconda in Regione solo alle Molinette”.
Ma l’aspetto che prevale su tutto rimane il rapporto con i familiari. Lo chiarisce bene Patrizia Rosso: “Aiutiamo i parenti a comprendere il significato di morte encefalica, consentiamo loro di stare vicini al loro caro. E’ fondamentale l’accoglienza, la vicinanza, l’accompagnamento di chi resta.”
Concorda il direttore generale Livio Tranchida: “Sì, è importante la sensibilizzazione delle persone al dono, spiegando loro che il nostro ospedale è sicuro. E’ l’umanizzazione che ci consente di avere un tasso di opposizione molto basso. Donare è dare ad altri la possibilità di vivere”.
L’opera di sensibilizzazione comincia nelle scuole, con gli allievi degli ultimi anni degli Istituti superiori, che rappresentano anche un tramite importante con le famiglie.