Il padre lo aveva ripetutamente diffamato su Facebook dandogli del ladro e del delinquente e così, dopo numerosi quanto inutili tentativi di indurlo a smetterla di rovinargli pubblicamente la reputazione con false accuse, decise di sporgere querela. I fatti che hanno portato padre e figlio sugli opposti banchi di un’aula di tribunale si sono verificati tra settembre e novembre 2021 quando il figlio venne avvisato da un amico che sulla pagina di un gruppo Facebook di autotrasportatori aveva notato il post pubblicato da un certo S. R. che lo accusava di avergli rubato dei deambulatori elettrici per disabili: “Alla sera ho saputo che stava insistendo a scrivere le stesse cose e che le aveva scritte anche sulla pagina di Tarantasca. Diceva che dovevo contattarlo perché gli dovevo 3.000 euro. Gli mandai un messaggio dicendogli di smetterla ma lui disse che tutti dovevano sapere. Prima di questo lo avevo aiutato quando aveva litigato con la sua compagna; quando si sono rimessi insieme abbiamo interrotto i rapporti”. L’uomo ha raccontato che il padre non lo aveva mai denunciato per quel presunto furto ma che lui fu costretto a querelarlo quando anche i suoi datori di lavoro erano venuti a sapere di quelle accuse. Alla domanda del pubblico ministero su cosa volesse chiedere al padre come risarcimento, l’uomo aveva risposto che gli bastavano le scuse e che il padre gli pagasse le spese processuali. Le indagini dei Carabinieri hanno eliminato i dubbi circa l’origine di quei post, pubblicati sui social da un profilo ricollegabile all’imputato che aveva scritto ancora nel mese di novembre altri contenuti diffamatori nei confronti del figlio aggiungendo di essere stato querelato. Un amico della parte civile ha riferito che in uno di questi post S. R. aveva anche messo la foto del figlio scrivendo che gli aveva portato via deambulatori e carrozzelle e aggiungendo anche il proprio numero di telefono per essere contattato. All’esito dell’istruttoria, in assenza di qualsiasi tipo di scuse da parte del genitore nei confronti del figlio, il pubblico ministero ha chiesto la condanna dell’imputato al pagamento di una multa di 900 euro, mentre la difesa ne ha chiesto l’assoluzione per incapacità di intendere e di volere. Il giudice ha condannato l’uomo al pagamento di 600 euro più un risarcimento di mille euro a favore del figlio e il pagamento delle spese processuali.