Il Tar ha confermato la chiusura della caccia alla pernice bianca acogliendo il ricorso presentato dalle associazioni ambientaliste e animaliste OIPA, LeAL e Federazione Nazionale Pro Natura contro il calendario venatorio della Regione Piemonte. “Si tratta di una specie ad elevato rischio di estinzione, quantomeno in ambito alpino – affermano i promotori del ricorso – considerata “vulnerabile” dall’UICN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura)”. Secondo l’ente “senza interventi specifici mirati a neutralizzare o mitigare le minacce nei loro confronti e in alcuni casi a incrementare le loro popolazioni, la loro estinzione è una prospettiva concreta…” Lo stesso Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, organo qualificato e indipendente del Ministero dell’Ambiente, afferma che “sull’arco alpino la pernice bianca si trova in una condizione di forte vulnerabilità a seguito dei mutamenti ambientali causati dal riscaldamento globale. Pertanto, stante l’attuale contesto, non sussistono le condizioni minime per consentire la caccia nei confronti di questa specie”. La consistenza della specie in Piemonte è estremamente ridotta: si stimano valori intorno a 1.000 coppie, con un declino ormai manifesto da parecchi anni e che risulta essere ben lungi dall’arrestarsi. Purtroppo il destino di altre specie, che si trovano in condizioni simili a quelle della pernice bianca, non è stato altrettanto favorevole. Fagiano di monte, coturnice e moretta potranno infatti essere abbattuti, sia pure nell’ambito di rigorosi piani di prelievo.
“La cosa incredibile – concludono gli ambientalisti – è la violenza con cui il mondo venatorio, con il fedele supporto di quello politico, si è scagliato contro una decisione che è del tutto logica. Stiamo parlando di specie a comprovato rischio di estinzione, non di lepri o cinghiali. Eppure la volontà di sparare prevale su ogni altra considerazione”.