In Europa da tempo il dibattito è concentrato sull’opportunità di adottare un sistema di etichettatura nutrizionale supplementare Fop(“front of pack”) da applicare sul fronte delle confezioni dei prodotti alimentari. Il sistema noto come Nutriscore è stato elaborato in Francia nel 2017. È il frutto di un algoritmo sviluppato da un gruppo di studiosi per classificare la qualità degli alimenti attraverso colori e lettere.
Tale algoritmo assegna un punteggio negativo al contenuto di energia, zuccheri semplici, grassi saturi e sodio e, al contrario, un punteggio positivo al contenuto di frutta, verdura, fibre e proteine. Il saldo viene determinato partendo dalla componente negativa a cui viene sottratto il punteggio apportato dai contenuti nutrizionali positivi. Su questa base, un prodotto alimentare può ottenere un punteggio da -15 a 40, che è alla base della successiva codifica del suo valore nutrizionale, con colori che vanno dal verde scuro all’arancione scuro ed a cui corrispondono le lettere dalla A alla E.
Una delle caratteristiche più discusse del Nutriscore è l’indipendenza dalle quantità consumate del prodotto oggetto di valutazione. Il metodo di calcolo prevede, infatti, che la determinazione del contenuto di ingredienti selezionati e di energia venga effettuata in ogni caso su 100 g di prodotto. Sarà, quindi, lo stesso colore o lettera a contrassegnare un determinato prodotto indipendentemente dalla quantità contenuta nella confezione. Trascurare il concetto di porzione rischia di portare alla promozione di diete per nulla equilibrate e soprattutto povere di prodotti naturali.
Il consumo di nutrienti negativi cresce, infatti, con l’aumento delle quantità consumate, indipendentemente dal fatto che il saldo con quelli positivi generi un Nutriscore “virtuoso” (colori verde scuro e verde chiaro, lettere A e B). Il livello dei nutrienti negativi potrebbe essere anche molto alto se compensato dall’aggiunta di componenti positive.
Questo modo di contabilizzare i nutrienti penalizza, poi, quei prodotti che solitamente vengono consumati in quantità inferiori ai 100 grammi. È il caso dei formaggi, abitualmente assunti in quantità giornaliere molto ridotte. Consumare giuste quantità di Bra, Castelmagno, Gorgonzola, Grana padano, Murazzano, Raschera o Toma piemontese, solo per citare i formaggi Dop prodotti in territorio cuneese, può risultare certamente più salutare che consumare maggiori quantità di alcuni prodotti a cui il Nutriscore ha attribuito una valutazione migliore.
Inoltre, a influenzare pesantemente la classificazione degli alimenti nel sistema Nutriscore è la mancata considerazione di vitamine e sali minerali, sebbene si tratti di nutrienti universalmente riconosciuti come fondamentali per il benessere dell’uomo. Ad esempio, il contenuto di zucchero dei succhi e dei nettari, derivato dal contenuto del prodotto originale, associato all’assenza di proteine e fibre alimentari, fa segnare un
Nutriscore che, espresso in lettere, varia tra C e D; mentre molte bevande dolcificate artificialmente ricevono uno score pari a B, pur essendo prive di qualsiasi valore nutrizionale, semplicemente perché non contengono zuccheri aggiunti. Se oggi appare intuitivo che sia meglio bere un bicchiere di succo di ribes o di arancia rispetto ad uno di bevande del tipo “cola”, con un bollino a certificare la superiorità nutrizionale delle seconde sulle prime il discorso potrebbe cambiare.
Una terza area di problematicità riguarda il fatto che il Nutriscore non fa alcuna differenza tra grassi saturi e acidi grassi essenziali, necessari questi ultimi per il corretto funzionamento dell’organismo. Non tenendo conto della presenza di acidi grassi benefici, i prodotti con un contenuto più elevato di acidi grassi essenziali potrebbero ricevere un punteggio inferiore solo perché hanno un contenuto totale di grassi più elevato e un valore energetico più alto mentre, in realtà, sarebbero una componente desiderabile della dieta.
Di fatto l’etichettatura Nutriscore, così come concepita, rischia di diventare uno strumento di marketing potentissimo da gestire attraverso la riformulazione dei prodotti, inducendo nel tempo il consumatore a percepire gli ultra-trasformati come di qualità pari o migliore rispetto a quelli per nulla o poco trasformati.
“Un sistema di etichettatura fuorviante, discriminatorio e incompleto – commenta il Presidente di Coldiretti Cuneo, Enrico Nada – che finisce per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle nostre tavole. Basti pensare che il Nutriscore boccia ben l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine”.
“È assurdo – aggiunge Fabiano Porcu, Direttore di Coldiretti Cuneo – che il Nutriscore bocci con il colore rosso cibi con zuccheri naturali e promuova con quello verde le più note bibite gassate ricche di dolcificanti artificiali, di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta”.
“Un approccio che va combattuto perché – sostiene Coldiretti Cuneo – apre le porte al cibo sintetico, minaccia letale per la nostra agricoltura, per la salute dei consumatori, il presidio dei territori e la biodiversità”.