Ger 31,7-9; Sal 125; Eb 5,1-6; Mc 10,46-52
Nel cammino verso Gerusalemme, Gerico è l’ultima tappa per Gesù.
Con lo sguardo dritto verso la città santa, si può immaginare una certa fretta nel passo. È il caso di andare, senza indulgere troppo sulla molta folla che è in quella città.
Gerico ha una caratteristica: è la città più bassa del mondo (- 256 metri s.l.m.), la «città delle palme», sede del palazzo invernale di Erode il Grande, è situata a pochi chilometri dalla fossa del Mar Morto (- 423 metri s.l.m.), «il Mare del Sale».
Già queste indicazioni geografiche rinviano ad un «scendere», reale ma anche simbolico. Come oggi passare in una favela di Rio de Janeiro, o a Korogocho, dove vive gente scartata dalla società e che ai bordi delle strade chiede aiuto. Sono città, queste, che non so se siano in piano, ma attraversandole, dai racconti ascoltati, è un po’ come un «scendere».
Parafrasando un famoso romanzo di Carlo Levi, Cristo «non si è fermato solamente a Eboli» (in Lucania), simbolo della civiltà, ma è giunto fino al povero paese di Aliano, segno di un mondo arcaico, arretrato.
Per stare al nostro vangelo, Cristo è sceso fino a Gerico.
E per contrasto ad un passo svelto, l’evangelista nota che a Gesù non sfugge la presenza di un uomo «seduto» che mendica.
«Che cosa vuoi che io faccia per te?», è la domanda rivolta al cieco Bartimeo. È l’identica domanda che Gesù aveva rivolto a Giacomo e Giovanni.
Bartimeo riacquista la vista e poi segue Gesù lungo la strada, quella che porta il Maestro e i discepoli a Gerusalemme.
Quegli occhi ora guariti, sono anche un invito a saper vedere che cosa accadrà nella città santa, un aprire gli occhi sulla Pasqua di Gesù. Lì, vedendo, si capiranno molte cose.
Modello di fede, in questo racconto, non sono i discepoli ma un oscuro personaggio che di Gesù sapeva poco.
Il vero miracolo probabilmente sta in quello che il povero mendicante comincia a vedere: non solo gli oggetti di questo mondo, ma il fatto che il Nazareno, il Figlio di Davide, ha pietà di lui, cioè, vuole bene anche a lui.
Ciò che Bartimeo vede è la propria umana dignità che si specchia nel gesto di qualcuno che la riconosce. E tutte le volte che questo accade, Dio è all’opera.
Nella fede è certamente importante vedere, anche se nel cammino di discepoli, più volte si cammina a tentoni, in luoghi bui ed incerti.
Ma se hai aperto gli occhi su Gerusalemme (passione, morte, risurrezione di Gesù), anche se non sempre nella vita vedi in modo chiaro – al di là del gioco di parole – sai che di Dio ti puoi fidare «ciecamente» (perché hai capito chi è).
Chiediamo di vedere: le cose di sempre con una speranza rinnovata, la nostra realtà mendicante come conosciuta e accolta dalla «giusta compassione» (Eb 5,2) di Colui che è come «un padre» (Ger 31,9).