Élie vive a Liegi in una fredda camera ammobiliata nella pensione della signora Lange da anni. È uno studente polacco ebreo, povero, senza grandi doti, poco socievole e passa il tempo a studiare ed è in qualche modo contento della sua routine. Il ragazzo è innamorato segretamente della figlia della padrona, Louise che però poche volte lo degna di uno sguardo.
La routine però si sgretola quando arriva un altro studente che decide di affittare una stanza della casa, ma la stanza quella riscaldata e bella. Michel è più giovane, ebreo anche lui, rumeno, benestante, affascinante e di buone maniere. Lui sì che si fa guardare la signora Lange e da Louise e sconvolge gli equilibri della casa. Agli occhi di Élie è quello che lui non è. L’attenzione della giovane però fa salire gelosia e rabbia in Élie che spia i due quando stanno insieme. Così quella pensione che, per quanto fredda e brutta, era il rifugio di Élie, un posto dove sfuggire alle insidie del mondo, diventa il centro dell’infelicità tanto da far scattare propositi e riflessioni sulle potenziali attitudini al delitto.
Simenon scrive un romanzo duro, ambientato nella sua Liegi, conducendo come sempre il lettore nelle zone d’ombra degli esseri umani dove si scatena un conflitto interiore lacerante tra il delitto, la colpa e il castigo, una resa dei conti con se stesso. Insomma scava nel torbido della psiche umana come pochi maestri della scrittura sanno fare.
C’è qualcosa di unico nella capacità dello scrittore belga di costruire dalla prima pagina all’ultima una trama controllata, nella sua pulizia stilistica in cui, ogni dettaglio, è posizionato in modo esatto.
Delitto impunito
di Georges Simenon
Adelphi
euro 18