Sembrerebbe esserci una sorta di faida familiare all’origine degli spari esplosi nella notte fra il 2 e il 3 febbraio 2020 contro la casa di G. C. e B. E., residenti al campo nomadi di Cuneo. Secondo gli inquirenti l’autore di quel gesto sarebbe stato J. A., anche lui residente al campo nomadi e cugino di G. C., e per questo è stato rinviato a giudizio con l’accusa di porto illegale di arma e minaccia. Alla sua individuazione gli inquirenti arrivarono grazie alle intercettazioni telefoniche in corso da parte della Polizia per una indagine su una serie di furti in appartamento; nonostante quegli spari avessero destato molto spavento e scalpore all’interno del campo, nessuno infatti aveva poi sporto denuncia alle forze dell’ordine. Gli agenti della Squadra mobile avevano scoperto che la figlia di J. A. per due volte nel corso dell’ultimo anno era fuggita in Toscana con il genero di G. C. che aveva intrapreso con lei una relazione sentimentale nonostante il legame con la figlia di G. C., da cui aveva anche avuto una figlia. La prima fuga si sarebbe risolta con l’accordo che l’uomo avrebbe riportato a casa la ragazza e non sarebbe più tornato a vivere nel campo di Cuneo. Un patto che però sarebbe stato violato con la seconda fuga dei due presso i parenti dell’uomo in Toscana; da qui l’ammonimento con gli spari nella notte di febbraio 2020 contro la casa del capo famiglia. Quella notte nell’abitazione si trovavano solo G. C. e la moglie; sentiti nel corso dell’ultima udienza, entrambi hanno riferito che quella notte erano soli nella casa e che la figlia e il genero dormivano presso la casa della nonna, sempre all’interno del campo nomadi. L’uomo in realtà non sembra fosse in casa perché stava giocando alla Playstation con il fratello in una roulotte lì vicino. I due coniugi hanno dichiarato che con il cugino c’erano sempre stati ottimi rapporti e di non credere sia stato lui a sparare contro la loro abitazione, arrivando a negare di aver mai saputo della relazione sentimentale del loro genero con la figlia del cugino e della loro fuga in Toscana per ben due volte. Richiamati più volte dal giudice, hanno alla fine ammesso di aver saputo di quel fatto ridimensionandolo a una semplice storiella avvenuta in un momento di crisi tra la loro figlia e il genero. Il processo proseguirà il 15 novembre.