Già un anno fa Coldiretti, Anaborapi e Coalvi hanno presentato ai parlamentari piemontesi una proposta di legge sull’etichettatura d’origine delle carni bovine impiegate nella ristorazione.
L’origine in etichetta delle carni bovine è già obbligatoria nelle macellerie e nei supermercati, dove si è affermata come uno strumento fortemente innovativo e trasparente che ha fornito al consumatore, al momento dell’acquisto, le giuste informazioni per una scelta consapevole.
Oltre a ciò, la carne bovina di Razza Piemontese, principale razza autoctona a livello nazionale per numero di capi allevati, ha a disposizione ulteriori strumenti di certificazione e etichettatura: ne sono un esempio il Sistema di Qualità Nazionale Fassone di Razza Piemontese e l’IGP Vitelloni Piemontesi della coscia. Anche questi sistemi obbligano gli aderenti ai disciplinari a fornire le informazioni di cui sono portatori solo al momento della vendita di carne nel punto vendita.
Oggi, tuttavia, i pasti consumati fuori casa superano il 50% del totale. Questo significa che le battaglie vinte sull’etichettatura delle carni bovine al dettaglio e nella grande distribuzione organizzata, vengono ridotte di importanza proprio a causa di questo spostamento delle abitudini alimentari.
Da qui la necessità di assumere provvedimenti normativi che introducano l’etichettatura delle carni anche nel canale Ho.Re.Ca. (Hotellerie, Restaurant, Café) a tutela del consumatore e di tutti gli operatori della filiera delle carni. Troppo spesso i menu dei ristoranti, ma non solo, vantano una selezione di carni italiane senza alcuna garanzia o certificazione. Infatti, ad oggi non vi è alcuna normativa in Italia che preveda l’obbligo di fornire le informazioni sull’origine della carne bovina consumata presso la ristorazione collettiva o privata.
Indicare il Paese d’origine o il luogo di provenienza delle carni bovine, anche macinate, e delle preparazioni che le contengono, negli alberghi, nei ristoranti e nei bar permetterebbe di valorizzare al meglio la nostra carne bovina di razza Piemontese anche in quelle zone d’Italia ove è ancora poco conosciuta. Questa carne, infatti, pur vantando eccelse proprietà organolettiche, è poco riconosciuta oltre i confini del Piemonte e vive da tempo una profonda crisi.
Sono diversi i fattori che stanno incidendo negativamente sul comparto della Piemontese: il basso prezzo riconosciuto agli allevatori, il mercato sempre più ristretto, lo strapotere dei macellatori, l’aumento dei costi di produzione, la divisione interna tra i produttori stessi.
Nonostante le aziende che allevano la Piemontese presentino un elevato grado di auto-approvvigionamento degli alimenti per il bestiame, i recenti aumenti dei costi di produzione stanno mettendo in crisi le aziende: agli accresciuti costi non ha fatto riscontro un adeguato aumento dei prezzi degli animali da ristallo e di quelli da macello. Tanto che il Libro genealogico tenuto da Anaborapi ha registrato un calo di circa 4.000 fattrici nel 2022 rispetto al 2021, cioè il 3,8% del totale; sarebbe grave se questo trend dovesse proseguire.
La proposta di legge di Coldiretti, Anaborapi e Coalvi cerca di rilanciare la nostra produzione e di salvare così un settore che conta 310.000 capi, di cui ben 220.000 nella Granda, più di 4.000 aziende, oltre 10.000 addetti nel settore, con un’elevatissima percentuale di giovani allevatori, ed un fatturato di quasi 400 milioni di euro. “L’auspicio – dicono i promotori – è che la proposta possa seguire un rapido iter legislativo”.