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Martedì 8 ottobre 2024

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Falsa testimonianza legata a un debito di 80 euro, condannato

Il giovane aveva indicato l'amico come responsabile di una rapina, per la quale risultò comunque colpevole nonostante le contraddizioni

Borgo San Dalmazzo

La Guida - Falsa testimonianza legata a un debito di 80 euro, condannato

Per vendicarsi della mancata restituzione di 80 euro, aveva raccontato ai Carabinieri che il suo amico A. D., 31enne di origini somale, era stato l’autore, insieme a un complice, della rapina avvenuta poche settimane prima in largo Argentera ai danni di un ragazzo che venne picchiato e derubato del cellulare. Una rivelazione poi sconfessata in tribunale nel corso del processo ai due presunti rapinatori, e che è valsa a F. Y. B., giovane della Costa d’Avorio, l’incriminazione per falsa testimonianza. Il 2 dicembre 2018, poche settimane dopo la rapina al giovane cuneese, F. Y. B. si trovava sotto casa di A. D. perché voleva indietro 80 euro che sosteneva di aver prestato all’amico; la moglie di A. D. spaventata da quella situazione chiamò i Carabinieri. Quando i militari arrivarono salirono all’appartamento di A. D. che però negò il debito: “A quel punto scendemmo – ha dichiarato in aula il Carabiniere che era intervenuto e che proprio in quel periodo stava conducendo le indagini sulla rapina – per riferire a F. Y. B. che l’altro non riteneva di avere alcun debito; fu in quel momento che ci fece questa rivelazione sulla rapina di largo Argentera, dicendo che era stato proprio A. D. a rivelarglielo perché loro erano amici da molto tempo e si raccontavano tutto. Qualche giorno più tardi, il 12 dicembre raccogliemmo a sommarie informazioni le dichiarazioni del giovane, anche se avevamo prove a sufficienza contro A. D.”. Chiamato a testimoniare al processo, F. Y. B. però si trincerò dietro dei “non ricordo”, riferendo di uno stato di confusione quando era stato convocato in caserma dai Carabinieri. Chiamato ora a fornire la sua versione dei fatti, il giovane ha dichiarato che quel giorno al processo si era confuso, inducendo il giudice a sottolineare la contraddizione: “A quel processo disse che si era confuso quando aveva parlato coi Carabinieri – gli ha fatto notare il giudice Marco Toscano -, ora però sostiene di essersi confuso quando testimoniò in tribunale”. Insomma delle due l’una, o erano falso quanto dichiarato ai Carabinieri o quanto dichiarato al processo: “Sì, lo so, mi sono dato la zappa sui piedi da solo – ha aggiunto l’imputato – ma quello che avevo dichiarato era vero, era A. D. ad aver rapinato quel ragazzo, solo che al processo non ricordavo più se me lo aveva confessato lui o lo avevo saputo in giro”. Una spiegazione insufficiente per il pubblico ministero Luigi Dentis che ha sottolineato l’offensività della condotta dell’imputato, attenuata solo dal fatto che la sua testimonianza non fu dirimente per l’esito del processo in cui A. D. fu poi condannato. Per questo l’accusa ha chiesto la condanna del giovane ivoriano a un anno e quattro mesi di reclusione, richiesta accolta dal giudice che ha convertito la pena carceraria con la detenzione ai domiciliari per 12 ore al giorno, con quattro ore di permesso lavorativo al giorno da svolgersi entro il Comune di residenza, con obbligo di firma ogni giorno.

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