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Giovedì 21 novembre 2024

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Era accusata di aver usato calmanti per prendere un gattino, assolta

L'episodio era avvenuto a San Michele Mondovì, per i Carabinieri Forestali (chiamati da una vicina) si trattava comunque di un'esca ma la giudice ha colto l'insussistenza del fatto

San Michele Mondovì

La Guida - Era accusata di aver usato calmanti per prendere un gattino, assolta

Era stata accusata di maltrattamento di animale per aver cercato di catturare un gattino che da qualche giorno si aggirava sulla strada vicino a casa sua, mettendogli un calmante in una scatoletta di cibo per animali, ma la giudice l’ha assolta per insussistenza del fatto. Era stata una vicina di casa a denunciare la donna dopo averla vista aggirarsi con fare circospetto lungo il bordo della strada con la scatoletta in mano, depositandola poi a terra. La donna chiamò i Carabinieri Forestali i quali riscontrarono all’interno della scatoletta la presenza di clotiapina, sostanza calmante contenuta in un farmaco a uso umano. E. R., titolare di una pensione per cani, in aula aveva spiegato che da qualche giorno vedeva quel piccolo gattino di un mese circa aggirarsi spaventato e denutrito lungo la strada: “Qualcuno lo avrà buttato lungo la strada come spesso avviene perché sanno che c’è un canile. Era un affarino piccolo e non riuscivo a prenderlo. Poi sono riuscita a gettargli addosso una coperta e a catturarlo. L’ho nutrito, sverminato e vaccinato, poi l’ho affidato alla moglie di un amico”. Per i Carabinieri Forestali però il solo fatto di aver ritrovato a terra la scatoletta di cibo con dentro il calmante lo qualificava come esca ed era una violazione di legge. Secondo il veterinario consultato dai Carabinieri in fase di indagini, se quel farmaco fosse stato somministrato in dosi sbagliate avrebbe potuto avere delle controindicazioni, soprattutto in caso di altre patologie. Differente il parere della veterinaria consultata dalla difesa, la quale aveva riferito che, non esistendo un farmaco calmante a uso animale, era possibile somministrarlo ad animali in presenza di una prescrizione medica. Una spiegazione non sufficiente per il pubblico ministero che ha chiesto la condanna al pagamento di 3.500 euro di multa, mentre invece l’avvocato Bovetti che difendeva la donna ha ribadito l’assoluta mancanza dell’elemento soggettivo: “Perché preoccuparsi di avvelenare un gattino che in quelle condizioni, piccolo denutrito e spaventato sarebbe morto comunque? E che senso aveva prenderlo in quel modo per poi accudirlo, nutrirlo e poi darlo in affidamento?”. Secondo la difesa la donna aveva semplicemente usato un’esca per riuscire a trarre in salvo il gattino, cosa che poi è riuscita a fare anche senza l’uso del calmante. Una tesi accolta dalla giudice che ha assolto la donna per insussistenza del fatto.

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