Una gustosa, è il caso di dirlo, novella intorno alla cucina napoletana, che si adatta a qualsivoglia tradizione culinaria aggiornata ai tempi moderni. Una novella che dialoga con un breve saggio prima di alcune ricette. Si tratta dello stesso tema prima in forma narrativa poi in rapidi cenni storici e infine, in un recupero dello spirito originario, direttamente sui fornelli.
Il senso è racchiuso in una manciata di righe laddove si richiama la declinazione in terra partenopea del francese “gourmet”, termine che indica “una cucina più ricercata e con ingredienti pomposi, anche soltanto apparentemente”. Ecco, è quest’ultimo avverbio da non scordare: non senza un pizzico di divertito orgoglio, anche tra i fornelli afferma la “capacità unica di arrangiarsi, facendo di necessità virtù” o, in termini meno drastici, l’importanza dell’immagine.
Sul piano narrativo ecco sfornata la novella di Roberto e Marianna, versione culinaria di Robin a Marian da cui il titolo. Molti sogni e poche possibilità, almeno finché non muore la vecchia zia che “teneva sfitto” un locale e ora lo lascia in eredità alla nipote. La coppia apre una trattoria. Avvio disastroso: “abbiamo visto la morte con gli occhi”.
Galeotto però il cinema che ispira il cambio di prospettiva di cui sopra. Bisogna essere al passo con i tempi: “dobbiamo far mangiare la gente di meno e farla pagare assai di più”. Una questione di marketing: Marianna fa “certi disegnini col prezzemolo e la salsa di soia e al centro ci andava un cucchiaio scarso di roba”.
Poi c’è da presentare il tutto. Così ogni piatto diventa un racconto di sapori, esotismo ed emozioni. Il “mistero di ricotta e grano al profumo di fiori, spolverato con velo di zucchero d’Africa in sfoglia dolce” prima era soltanto la pastiera! E buon appetito.
Robin food
di Maurizio De Giovanni
Editrice Slow Food
euro 10