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Venerdì 25 ottobre 2024

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La carne dei bovini della Piemontese continua a soffrire una forte crisi di mercato

Il comparto del latte vaccino ha avuto una fase di assestamento dopo le impennate dei prezzi alla stalla

La Guida - La carne dei bovini della Piemontese continua a soffrire una forte crisi di mercato

L’annata agraria, per quanto riguarda la zootecnia, ha visto rallentate il trend che aveva portato a una decisa impennata dei costi di produzione, dalle materie prime all’energia. Una boccata d’ossigeno a cui però non ha fatto seguito un adeguato riconoscimento sul mercato.

Il comparto del latte vaccino ha avuto una fase di assestamento dopo le impennate dei prezzi alla stalla. Nelle produzioni, si registra una sostanziale tenuta della “stalla Piemonte”, in linea col 2022.

Per i bovini da carne (quasi 800.000 capi in Piemonte)si è trattato di un’altra annata complicata, che ha ulteriormente prolungato una crisi che permane ormai da tempo.
Non solo per la Piemontese ma anche per gli altri segmenti, ad esempio gli allevamenti di ristalli di bovini delle razze francesi (Garonnese, Charolaise e Limousine), il mercato si scontra con una graduale riduzione dei consumi di carne rossa e costi al banco spinti dall’inflazione. Per la Piemontese il prolungarsi della crisi di mercato rischia di penalizzare pesantemente gli allevamenti linea vacca-vitello (componente strategica della filiera).
Proprio con l’intento di valorizzare le produzioni degli allevatori lo scorso 20 ottobre Coldiretti, in collaborazione con Anaborapi e Coalvi, ha presentato ai parlamentari piemontesi una proposta di legge che prevede “Disposizioni obbligatorie in materia di rintracciabilità e di indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza delle carni bovine, anche macinate, e delle preparazioni che le contengano, impiegate negli alimenti oggetto di somministrazione e vendita alla collettività presso gli operatori del canale horeca”. Una sorta di operazione “trasparenza” che, sfruttando gli strumenti già esistenti di rintracciabilità, coinvolga tutti gli operatori della ristorazione, arrivando a esporre in modo visibile sul menù i Paesi di nascita, di allevamento e di macellazione e la razza del bovino.

Per il comparto degli avicoli da carne il 2023 è stato caratterizzato da un sostanziale ritorno alla normalità dopo che nelle due precedenti annate agrarie il Covid e poi il conflitto russo-ucraino avevano generato pesanti criticità.
Il ridotto costo dell’energia e la diminuzione consistente dei listini dei cereali che hanno riposizionato al ribasso il prezzo dei mangimi, pur rimanendo ancora elevato quello dei proteici, hanno consentito buone performance.
A condizionare in positivo il mercato avicolo ha contribuito il calo dell’offerta dovuto a numerosi focolai di influenza aviaria nel Nord-Est.

È stata una buona annata anche per il comparto uova. L’offerta nazionale ridotta e il calo dei costi di produzione hanno spinto il settore, a sostegno del quale prosegue l’attività del Coavip (Consorzio avicolo piemontese).

Per chi alleva conigli l’annata è iniziata con quotazioni soddisfacenti, superiori ai riferimenti storici, che hanno permesso di compensare parte dei rincari dei mesi precedenti a partire dai mangimi.
Trattandosi di un prodotto sempre più stagionale, il prezzo dei conigli da gennaio ha iniziato ad avere un progressivo calo risalendo poi in parte a ridosso del periodo pasquale. Poi per diverse settimane la Commissione unica nazionale conigli da macello di Verona non è riuscita a formulare un prezzo, a conferma di uno scontro duro tra i rappresentanti degli allevatori e dei macellatori che ha destabilizzato l’intero settore. Solamente dall’inizio di agosto si è riusciti a tornare a una parvenza di normalità, ma rimane ancora alta la tensione tra allevatori e macellatori.

Infine, il settore apistico e le sue difficoltà: il 2023 conferma la tendenza negativa che il settore vive da ormai più di un decennio. Le condizioni climatiche, anche per il 2023 sono state anomale per la Granda e l’intero Piemonte.
Un inverno mite ha consentito un buon svernamento degli alveari, successivamente un inizio di primavera siccitoso e freddo ha limitato fortemente le fioriture di ciliegio e tarassaco, determinando una produzione di miele estremamente ridotta. Il mese di maggio ha visto l’arrivo del maltempo con copiose precipitazioni e temperature al di sotto della media stagionale e quindi la produzione del miele di acacia si è attestata su valori estremamente bassi.
Da sottolineare come il maltempo di maggio abbia costretto molte aziende ad intervenire con la nutrizione di emergenza per evitare la morte delle colonie, con un pesante aggravio di costi produttivi.
Buone le produzioni estive, come il miele di castagno ; molto bene i raccolti di millefiori di alta montagna e rododendro, che hanno raggiunto produzioni molto interessanti; interessante anche la produzione di miele di tiglio di montagna, negli areali vocati.
Come avviene ormai da alcuni anni, la raccolta della melata di bosco che caratterizza il mese di luglio e le prime settimane di agosto risulta pressoché scomparsa. Le poche produzioni registrate in provincia di Cuneo si attestano su quantitativi di pochi chili e a “macchia di leopardo” sul territorio. Il mercato, contrariamente a quanto si poteva prevedere, ha visto un’importante contrazione dei prezzi. La produzione di miele è notevolmente bassa su tutto il territorio nazionale, ma paradossalmente le contrattazioni sono difficili e si attestano su prezzi molto bassi. Questa anomalia di mercato si spiega con la concorrenza sleale dei prodotti importati da Paesi terzi a prezzi bassi; per il miele importato sono forti i sospetti di adulterazioni, quindi con un ridotto livello di sicurezza alimentare.

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