Dopo la conclusione del loro burrascoso rapporto di vicini di casa, sta per concludersi al tribunale di Cuneo anche il processo che li vede coinvolti nella doppia veste di imputati e parti offese per fatti che si verificarono nel condominio di via della Ripa l’11 giugno 2019. Protagonisti della maxi rissa che si svolse nel cortile di casa, due famiglie i cui rapporti, inizialmente amichevoli, erano diventati ben presto tesi. Con l’accusa di lesioni e minacce sono finiti a giudizio L. N. col marito G. T. e il figlio di primo letto di lei A. N., e A. S., il vicino di casa con cui scoppiò la lite. All’origine della tensione tra le due famiglie l’episodio che si verificò qualche tempo prima alla festa di compleanno del figlio di A. S., quando le due famiglie si conoscevano ancora da poco: “Durante la festa vidi il volto di mio figlio tutto sporco di dolce. Era stata L. N. a mettergli la faccia nel dolce, diceva lei per buon augurio, ma noi ci rimanemmo male e da quel giorno ci allontanammo”. Di lite in lite si arrivò all’episodio del pomeriggio dell’estate 2019, quando A. S., avrebbe chiesto al figlio dei vicini, che giocava in cortile con un amico, di fare meno rumore perché i suoi figli stavano dormendo. Diversa la versione fornita da L. N. che sosteneva di aver visto suo figlio salire spaventato in casa dicendo che A. S. lo aveva minacciato di morte. L. N. e il figlio grande A. N. (che in quel periodo non avrebbe dovuto uscire di casa perché sottoposto agli arresti domiciliari) scesero in garage dove l’altro stava parcheggiando l’auto e lo avrebbero aggredito: “Mi tirarono fuori dall’auto e mi presero a calci e pugni”. Sia lui sia la moglie riportarono ferite e ricorsero alle cure del pronto soccorso; A. S. in particolare riportò la frattura del naso e della mandibola con rottura di un incisivo, con prognosi di quasi 60 giorni. Anche sua moglie strattonata e tirata per i capelli fece ricorso alla cure dell’ospedale dopo essere stata aggredita da L. N., mentre stava cercando di riprendere l’aggressione col telefono. A sua volta L. N. ricevette un pugno sul naso, gesto che indusse il marito G. T. a pronunciare minacce verso il vicino proprio di fronte ai Carabinieri che nel frattempo erano intervenuti, chiamati da un vicino. Non solo la lite era scoppiata per un futile motivo, ma si era anche svolta sotto gli occhi atterriti dei figli delle due coppie, portati via dal vicino: “Erano lì in mezzo a calci e pugni, mi sono preoccupato per loro e li ho portati via”. Di atteggiamenti molto al di sopra delle righe, soprattutto per soggetti che avevano avuto trascorsi importanti con la giustizia penale, ha parlato il pubblico ministero chiedendo la condanna di A. N. a 6 anni di reclusione, in considerazione anche del suo reato di evasione, di 5 anni e 6 mesi per la madre L. N. e di 5 mesi per il marito G. T., intervenuto nella lite quando questa era ormai finita ma colpevole per l’accusa del reato di minaccia. Da assolvere invece A. S. per le lesioni e le minacce, per insufficienza di prove. Alla richiesta si è associata la difesa di A. S., mentre per il difensore di L. N. non c’era stata prova del concorso della sua assistita nelle lesioni subite dal vicino e che comunque in quel contesto erano da ascriversi a legittima difesa. Per la legale di A. N. non si poteva parlare di evasione poiché il ragazzo non aveva dato alcun segno di intenzione di fuga, essendo comunque rimasto all’interno del cortile, di pertinenza del condominio. Assoluzione è stata chiesta anche dal legale di G. T. dall’accusa di minacce per la quale non era stato portato alcun riscontro oggettivo. La sentenza è attesa per il 15 novembre.