Prosegue al tribunale di Cuneo il processo per detenzione illegale di armi e minaccia a carico di J. A., residente al campo nomadi di Cuneo, accusato di aver esploso alcuni colpi di pistola nella notte fra il 2 e il 3 febbraio 2020 contro la casa di altri due residenti del campo. Gli spari partiti da una calibro 38 mandarono in frantumi i vetri di due finestre e uno si conficcò nel muro del soggiorno. In quel momento nella casa dormivano marito e moglie insieme alla figlia 29enne e alla nipotina di 7 anni. Sul momento l’episodio, senza conseguenze per nessuno, destò molto spavento e anche se venne subito chiamata la Polizia, in seguito nessuno della famiglia fece denuncia o fornì alcun indizio alle forze dell’ordine che stavano investigando e che arrivarono all’individuazione dell’attuale imputato grazie alle intercettazioni telefoniche cui erano sottoposti alcuni redenti del campo nell’ambito di un’altra indagine su un giro di furti in appartamento. Dalle indagini emerse così che tra la famiglia di J. A. e quella “avvisata” con i colpi di arma da fuoco era in corso una faida; la figlia minorenne di J. A. nei mesi precedenti era fuggita a Montecatini con I. M., compagno della 29enne e padre della bambina di 7 anni. Da quanto riferito nel corso dell’ultima udienza da I. M., ufficialmente residente in Toscana, le fughe con la ragazza sarebbero state due nel corso dell’anno precedente (la prima quando la giovane era ancora minorenne) e si risolsero grazie alla mediazione di altre persone con l’accordo che lui sarebbe rimasto in Toscana e che la figlia doveva tornare a Cuneo dalla famiglia. Intercettato dalla Polizia però, J. A. raccontava ad altri che aveva sempre un’arma a portata di mano perché non sapeva come sarebbe finita quella vicenda e una minaccia diretta “stavolta sei morto” fu intercettata in uscita dall’utenza dell’imputato su quella di I. M. Quella relazione era avvenuta quando I. M. e la compagna si erano momentaneamente lasciati; in seguito erano tornati insieme. Quella sera anche I. M. si trovava al campo di Cuneo ma dormiva in una roulotte e non nella casa: “Io dormivo nella mia roulotte mentre la mia compagna e mia figlia dormivano nella casa perché la bambina non stava bene. Sentimmo gli spari ma non il rumore di auto che si allontanavano. Era buio e non vedemmo niente”. Completamente diversa la versione dei fatti offerta dalla sua compagna, la quale ha riferito che quella sera loro due e la bambina dormivano nella casa di sua zia; nessuno di loro aveva sentito gli spari e furono svegliati dalla mamma che era corsa a chiamarli: “I miei genitori non fecero denuncia perché non avevano visto nessuno e non avevano nessun attrito con altre persone all’interno del campo”. L’udienza proseguirà il 18 ottobre.