Bruno Giuliano, nato a Saluzzo nel 1958, pittore, disegnatore, incisore e talentuoso acquerellista, vive e lavora a Manta e Saluzzo nel suo laboratorio posto sull’antica Salita al Castello. Nutre da sempre la passione per l’arte in tutte le sue declinazioni (disegno, pittura, scultura, architettura e design). Noto per i suoi raffinati acquerelli e per le opere grafiche che in passato gli hanno valso importanti premi e riconoscimenti, ha frequentato l’Istituto Statale d’Arte Amleto Bertoni di Saluzzo, il Liceo Artistico Ego Bianchi di Cuneo ed è laureato in pittura e design all’Accademia di Belle Arti di Cuneo. Fondamentale, per la sua formazione artistica, l’incontro con l’amico e maestro Giuliano Grisotto di Verzuolo. Ha partecipato e partecipa a concorsi di pittura, incisione e design.
Dopo aver sperimentato varie tecniche e materiali, dalla pittura ad olio su tela e tavola, all’acrilico, dal disegno all’incisione, acquaforte, maniera nera, cera molle, gli esiti della sua attuale ricerca sono approdati nell’originalissimo utilizzo del fuoco come mezzo creativo. Bruno Giuliano “dipinge con la fiamma” per ottenere sulla superficie del legno, spesso anche di grandi dimensioni, coinvolgenti composizioni dalle calde sfumature di bruni.
Il risultato estraniante è quello di figure che fuoriescono dall’oscurità: volti, anfore, corpi, particolari anatomici sono restituiti dall’artista allo spettatore nella loro quintessenza luminosa. Giuliano utilizza la fiamma ossidrica che bruciando la superficie del legno la annerisce generando una colorazione bruna. La tecnica prevede di bruciare, tramite l’utilizzo di un cannello a gas, la superficie di tavole, prevalentemente di pioppo, per ottenere attraverso la carbonizzazione, varie gradazioni di intensità di bruni, dalla più leggera alla più intensa. Con estrema perizia dunque, laddove il soggetto raffigurato presenta delle luci esse corrispondono alla parte della superficie del legno che non viene bruciata lasciando emergere la colorazione originale dell’essenza di legno utilizzata. Si potrebbe dire che Giuliano utilizza la fiamma come se fosse un pennello: più la fiamma viene passata sul legno più esso si annerisce, come se ogni passata di fiamma corrispondesse ad una velatura di colore bruno.
“In realtà, osservando Giuliano realizzare le sue opere,- spiega Franco Giletta – si percepisce come egli utilizzi le bombolette di fiamma ossidrica anche come se stesse adoperando matite di varia gradazione, dalla più dura alla più morbida. Così egli alterna l’utilizzo di bombolette con beccuccio più piccolo, per realizzare anche i più minuti particolari, fino a quelle con getto più largo. Come se la fiamma più piccola corrispondesse ad una matita con una punta più acuminata e quella grande ad una mina più larga e morbida. Nei frequenti dialoghi con Bruno mi ha sempre colpito il paragone che fa con l’esperienza da incisore, con le preparazioni delle piastre di bitume che ha un colore caramellato molto simile a quello delle bruciature delle sue tavole. Paradossalmente è poi proprio la sua grande esperienza di acquarellista ad avergli consentito di ottenere tali mirabili risultati. Dice infatti Giuliano di avere la sensazione che la fiamma sul legno si comporti esattamente come la goccia d’acqua sul foglio per l’acquerello. Egli guida e si lascia guidare dallo strumento del lavoro: fa trasparire le venature del legno, anzi con esse dialoga durante l’esecuzione dei suoi lavori. Quando la fiamma viene accesa, il suo laboratorio posto sull’antica Salita al Castello a Saluzzo si illumina di autentica luce creativa…. Anfore, giare, vasi, urne si appalesano ai nostri occhi come reperti di un’archeologia dell’anima, apparendo quasi come dei cuori. Sono istantanee, una sorta di polaroid dell’anima delle cose. Esse non entrano nel buio ma vi fuoriescono: ci colpiscono quasi come delle rivelazioni, per fare emergere l’intima poesia degli oggetti quotidiani. Una luce pare illuminarle dall’alto e allora di esse non percepiamo una sensazione di angoscia e tristezza ma di serenità. È come se un pulviscolo scendesse o salisse da questi contenitori di luce e speranza. Un messaggio che arriva da un altrove misterioso con cui lo spettatore è trasportato ed invitato a confrontarsi. Gli oggetti parlano di altre epoche, di altri mondi ma, certo, quelli di Bruno Giuliano hanno un’anima. Proprio come la serie di volti attraverso i quali Giuliano vorrebbe esprimere l’inesprimibile, avvolgendoli in una luce caravaggesca che però non restituiscono un effetto iperrealista ma metafisico. Una realtà riscoperta che rivela, anzi svela, l’illuminazione che spesso, proprio nei momenti più bui della storia, l’umanità è in grado di ritrovare. Giuliano compone un itinerario attraverso la materia che diviene una sorta di percorso spirituale culminante nell’esposizione di alcune opere che narrano della luce come mistica rivelazione. Egli espone infatti degli imponenti crocifissi, emblema di un’umanità dolente, con i grandi rimandi alla storia dell’arte, primo fra tutti alla serie dei tre crocifissi di Rembrandt. Ma dietro l’apparente drammaticità della rappresentazione è percepibile l’imminente vittoria della luce”.
“Il termine più opportuno che gli possiamo attribuire, a mio avviso, è quello di “sperimentatore – scrive Claudio Mana – E penso che un artista vero lo debba essere per forza. Il nostro è alla continua ricerca di materiali, tecniche, rappresentazioni nuove, quasi a contraddire il suo trascorso più o meno recente, come in una sorta di continua sorpresa, di novità… Il suo linguaggio è contemporaneo e riesce a coinvolgere emotivamente lo spettatore in una narrazione che si svolge e permea la suggestiva texture delle tavole dai colori bruni ed ocra che affiorano sui fondali anneriti dalle fiamme. Nei suoi Cristi la luce crea il rilievo ed attribuisce consistenza formale all’effetto di avvolgimento atmosferico dovuto alle impalpabili variazioni tonali del fondo, donando intensità a figure dal forte impatto visivo: qui il Cristo nasce dalle fiamme e si eleva verso la luce”.