Inizia quasi per gioco il concorso che coinvolge Max nel dare una svolta “moderna” alla sua attività avviata da poco di ristoratore. Gliel’ha proposto Elisa quando un giorno se l’è trovata seduta a uno dei suoi tavoli. Se oggi la comunicazione è fondamentale per farsi conoscere, il parere su quella di Max è impietoso: imbarazzante. Detto da un’esperta di social come lei è giudizio senza appello.
Il concorso: un invito per cinque cene gratuite nel ristorante di Max ad altrettante persone scelte a caso. In realtà le persone saranno quattro, il quinto commensale sarà Max stesso, come le cene, perché la quinta salta per un imprevedibile evento. È però quanto basta per vedere piccole storie, per molti versi insignificanti, intrecciarsi, sfiorarsi, e, a un soffio dal congiungersi, di nuovo dividersi.
Il libro di Giuseppe Puonzo conferma l’assunto per cui un intreccio avvincente e avventuroso non è indispensabile per costruire un romanzo. Di fatto tutto ruota intorno a ristorante Buon gusto, a Max che insieme detta le leggi del gioco e se ne lascia coinvolgere. Anche l’invito a cena non cerca di approfondire più di tanto i singoli personaggi, quanto di far luce sul cammino di Max tra incertezze e slanci di apertura verso l’imprevisto.
Lo conosciamo che “il giorno in cui dice basta” abbandona gli studi e si iscrive a un corso di assistente chef, cosa che, oltre alla disapprovazione dei genitori, porta anche alla rottura con la sua ragazza. Lo ritroviamo accogliere la sfida del concorso e raccogliere le confessioni dei quattro invitati. Infine eccolo, dopo un salto temporale, finalmente maturo consapevole del proprio passato, compagno di saggezza di un padre che ha sempre silenziosamente ammirato per la sua discrezione.
Voci del verbo essere
di Giuseppe Puonzo
Editrice Scatole parlanti
euro 14