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Giovedì 21 novembre 2024

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Tecniche di evoluzione assistita, strumenti per le sfide ambientali

Molti i campi di applicazione: miglioramento della produzione, resistenza alle malattie e agli stress ambientali, anche derivati da cambiamenti climatici

La Guida - Tecniche di evoluzione assistita, strumenti per le sfide ambientali

Com’è noto il Green Deal europeo pone, con scadenze ravvicinate, ambiziosi obiettivi in termini di riduzione nell’utilizzo di fitofarmaci e nutrienti (fertilizzanti e reflui), in un contesto generale per il quale è ragionevole e auspicabile ritenere che ciò debba avvenire senza intaccare la capacità produttiva dell’Europa e del nostro Paese.
Tra gli strumenti utili al fine del raggiungimento di questi obiettivi, vi sono le Tea (Tecnologie di evoluzione assistita) che, insieme ad altre tecnologie quali l’intelligenza artificiale e la robotica – spiega la Coldiretti – potranno in un futuro non lontano determinare un’accelerazione verso un’agricoltura sempre più sostenibile.
Per comprendere il potenziale di queste tecniche, ad esempio in tema di riduzione nell’impiego di fitofarmaci o di adattabilità ai cambiamenti climatici, basta pensare che con esse è possibile disattivare geni che, a titolo di esempio, determinano, su una specie/varietà di interesse agrario, sensibilità a una malattia o, viceversa, di inserire uno o più geni in grado di attribuirle specifiche resistenze, per esempio a patologie o alla siccità.
Le Tea consentono infatti di intervenire in modo “chirurgico” sul Dna, di introdurre la “caratteristica” desiderata lasciando al contempo del tutto inalterate le altre caratteristiche codificate.
Va precisato in premessa che, a differenza delle tradizionali tecniche di transgenesi, con le quali è possibile trasferire geni tra specie differenti, le Tea si basano su metodi che, come detto, consentono la disattivazione di un gene, il trasferimento di un gene o di una sequenza genica, da un soggetto “sessualmente compatibile” verso un “ospite”, ottenendo un risultato che, in via ipotetica, si potrebbe ottenere anche con le classiche tecniche di incrocio ma con tempi, difficoltà e costi enormemente maggiori.
Quanto sopra è stato reso possibile dalla scoperta di quelle che vengono definite “forbici molecolari” che permettono di tagliare la doppia elica del Dna in modo preciso, nel punto desiderato, allo scopo, come detto, di inattivare un gene o di introdurre uno o più geni, trasferendo così l’informazione genetica desiderata.
Dopo il taglio il Dna attiva meccanismi di riparazione che consentono il ricongiungimento dei filamenti, salvaguardando la nuova sequenza genica introdotta.
Una volta ottenute le cellule portatrici delle modificazioni desiderate è possibile ottenere da queste una pianta intera attraverso la tecnica della coltura in vitro.
I campi di applicazione sono vastissimi e spaziano dal miglioramento della produttività alla resistenza alle malattie e agli stress ambientali, compresi quelli che potranno derivare dai cambiamenti climatici, dal miglioramento della qualità dei prodotti alla capacità di sfruttare meglio i nutrienti riducendo la necessità di utilizzare sostanze chimiche di sintesi.
Si tratta insomma di introdurre modifiche analoghe a quelle che si possono generare spontaneamente in natura, che interessano geni appartenenti alla stessa specie e come tali – precisa la Coldiretti – completamente differenti rispetto a quelle note come ogm (organismi geneticamente modificati).
In sostanza le Tea si rifanno a meccanismi, quali sono le mutazioni che, indotte da fattori esterni naturali o da ricercatori, potenzialmente potrebbero portare agli stessi risultati.
La differenza più importante è che, con le tecniche di miglioramento genetico “classico”, ovvero cercando di provocare un gran numero di mutazioni nella speranza che una di esse possa produrre un miglioramento nelle performance della specie in studio, occorrono tempi estremamente più lunghi, maggiori risorse a fronte di risultati decisamente più aleatori.

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