È il diario di una spogliazione quello che per otto mesi scrive l’autore, posto drammaticamente di fronte al disfacimento del corpo di una carissima amica. E non è da tacere che un sacerdote sappia esprimere con disarmante sincerità i sentimenti che lo sconvolgono sfidando le malelingue. Ne è consapevole, ma vince la resistenza al rendere pubbliche queste pagine non solo perché, confessa, è un prete che da sempre ritiene centrale la figura femminile nella vita della Chiesa, ma soprattutto perché “l’affetto ci dà un appuntamento ancora più grande nell’ora della ferita”.
Il corpo nella sua estrema fisicità, senza fronzoli estetici, senza alcuna difesa è al centro del libro. Quello che è la cifra dell’essere nel mondo, diventa luogo in cui sperimentare un faticoso tramonto di questo stesso essere al mondo. La malattia che lo consuma lo conferma quale punto di fuga di ogni riflessione sull’umano e non solo. Rivela la sua singolarità intorno a cui si aggruma l’essere persona, specie quando è ridotto a un “immenso punto interrogativo”.
Una corporeità che non si sottrae agli odori, alle situazioni più disarmanti, esprime senza infingimenti la propria debolezza, il proprio bisogno di aiuto pur mantenendo una sua profonda dignità che quasi sconfina nel sacro.
Si percepisce la condivisione di questa sofferenza. Nel “deserto della malattia” l’una, passo dopo passo, sperimenta nel letto d’ospedale il doloroso annichilimento dei propri organi, mentre l’altro vive, accanto, la solitudine dell’impotenza, “la sofferenza dello stare ai margini della sofferenza degli altri”. Insieme vivono la “notte sacra” dell’attesa.
Questo diario intensamente trafitto dal dolore, si muove accanto a un misterioso “altro”, dove il tempo sfugge ai calcoli, la vita sente di camminare su un confine oltre il quale si perde, dove urge però ritrovarsi per dare un senso all’oggi difficile e doloroso. La malattia svuota la logica della vita. Si invoca una luce che dia, se non un senso, almeno una possibilità di ancora esistere. Il Magnificat diventa Miserere, il Padre Nostro silenziosa domanda sulla volontà da accettare, il letto d’ospedale altare su cui celebrare.
L’autore filtra questa esperienza attraverso la fede. Il disfacimento fisico evita ogni banale retorica, lo conduce a esplorare spazi inconsueti del sacro, a sottolineare la “sensualità del Vangelo”. Si sente “immerso nel cuore di una messa”. Ripetutamente rilegge l’esperienza della celebrazione incarnandola in questi momenti di fatica. Nella nudità spirituale in cui è immerso l’autore, con ardito passaggio, si sorprende a mettere in parallelo l’exeresi, l’asportazione chirurgica di organi, con l’esegesi dei testi sacri, a leggere brani evangelici come immagine speculare della realtà di queste giornate sotto il segno della croce che ancora una volta apre a una speranza perché “la vita sorge nello spazio stretto di un sepolcro”.
Questo è il tuo corpo
Gabriel Ringlet
Sanpino
14,50 euro