I capannoni delle ex acciaierie Acsa alla Reculata di Carrù, attive negli anni ’60, non ci sono più. Gli scheletri vuoti dell’ecomostro che giacevano sul sito da oltre 20 anni sono state rase al suolo nei giorni scorsi. Due anni fa, l’intera area era già stata bonificata e fatta sgomberare di tutto il materiale, poi rivenduto. A smuovere l’iniziativa fu il presidente Sebastiano Sampò dell’associazione Arasis (L’associazione rischio amianto e sostanze inquinanti per la salute di Mondovì e Val Tanaro), che in uno scritto indirizzato all’ente comunale aveva sollecitato l’importanza di effettuare la bonifica dei capannoni paventando la possibilità di un possibile pericolo di salute per i cittadini. Il sindaco Nicola Schellino all’epoca fresco di elezione, si interessò immediatamente del caso. La sua ricerca permise di reperire il testo della sentenza del Tribunale di Brescia risalente all’aprile 2017, successivamente confermata nel 2018, dove veniva spiegato “come le miscele ottenute dalla Selca Spa di Berzo Demo (che sono anche quelle che erano in deposito presso il sito di Carrù) non sono ritenute pericolose per la popolazione se opportunamente trasportate ed utilizzate in acciaierie o cementifici per essere lavorate ed inserite nel ciclo produttivo”. Il proprietario del terreno era risultato essere ancora la società in accomandita semplice Acsa che nel ’97, aveva affittato il ramo aziendale alla Finam di Brescia. Quest’ultima negli anni ’90, venne accusata dalla Guardia Forestale di Brescia di lavorazione non conforme nella trasformazione di residui in materiale siderurgico commerciabile. Dopo anni di procedimento penale il caso andò in prescrizione e di conseguenza venne archiviato. La Finam oggi risulta irreperibile. Nel 2014 il fabbricato era già stato dissequestrato mentre nel 2020 Acsa, ancora proprietaria dei capannoni, ottiene il via libera per la rimozione e la demolizione oggi completata.