Quell’isola “che non c’è” dove Peter Pan vive sarà proprio solo un territorio fumoso ed esotico spazio esclusivo della fantasia o piuttosto non potrebbe essere figura di un ambito su cui la stessa fantasia dell’uomo si affaccia per raccontare o scoprire qualcosa di sé?
Il fascino dell’isola risiede nel suo essere per definizione un’alterità rispetto alla terra ferma. La prima immagine che viene in mente è la separazione dal resto del mondo. Il mare costituisce il limite oltre il quale si penetra in una terra lontana, perciò misteriosa, forse pericolosa, certamente affascinante.
Se poi dalla geografia ci si immerge nel regno del fantastico, allora è un turbinare di immagini, personaggi, esseri viventi mostruosi o semplicemente curiosi, perché “il fantastico presuppone l’irruzione del soprannaturale nella realtà”, tende a lacerare le certezze quotidiane. L’autore si pone proprio su questo terreno con l’intento di costruire un compendio organizzato delle varie tipologie di isole nate dalla fantasia dei narratori di ogni tempo.
Non è un mero esercizio di stile. L’isola nello spazio del fantastico rappresenta una delle figure più adeguate a strutturare narrazioni, cioè a raccontare qualcosa dell’uomo. C’è l’ansia del ricercare come la percezione della propria piccolezza. C’è l’esperienza del rischio e della prova come il misurarsi con forze misteriose. C’è l’approdo e il confronto con terre e culture diverse, seppur fantastiche, come lo specchio deformante della propria società.
Il viaggio che propone l’autore fa riferimento a tutte queste sollecitazioni culturali appoggiandosi a una grande quantità di autori del passato più o meno recente. È un viaggio impossibile per mettere piede su terre che non esistono nella realtà, ma hanno la sfacciataggine di parlare di noi.
L’isola che non c’è
Massimo Centini
Magenes
20 euro