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Lunedì 23 dicembre 2024

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Invasi si, invasi no: quarant’anni di progetti, parole e poche opere

In Italia la raccolta di acqua piovana è ferma ad appena l’11%, in provincia di Cuneo da decenni si ipotizzano bacini d’accumulo mai realizzati

La Guida - Invasi si, invasi no: quarant’anni  di progetti, parole e poche opere

Nel nostro Paese la raccolta di acqua piovana è ferma ad appena l’11%, ossia perdiamo ogni anno quasi il 90% delle piogge che potrebbero alimentare bacini di trattenuta e accumulo.
“Resta prioritaria l’esigenza di accelerare sulla realizzazione di un Piano invasi – evidenzia il Direttore di Coldiretti Cuneo Fabiano Porcu – poiché solo in questo modo riusciremo a garantirci stabilmente in futuro l’acqua necessaria per l’agricoltura, ma non solo. Un intervento necessario per raggiungere l’obiettivo della sovranità alimentare con aumento della produzione locale e riduzione della dipendenza dall’estero”.
Ad oggi, purtroppo, la nostra Provincia sconta il fardello di opere indagate, discusse ma mai realizzate.

Tanaro, Valle Maira e Valle Stura

Da quarant’anni si ipotizzano e progettano bacini d’accumulo mai realizzati e ad oggi il nostro territorio – spiega la Coldiretti – sta pagando il conto della superficialità con cui in tutti questi anni è stato affrontato il problema.
Dall’analisi di alcuni elaborati redatti dalla Regione Piemonte nel 2000 è desumibile un conciso quadro riassuntivo della situazione fotografata allora, da cui emerge l’esistenza di un parco progetti disponibile sul nostro territorio provinciale così articolato: schema idrico “Stroppo-Maira” e schema idrico “Alto Tanaro” per i quali gli studi di approfondimento risultavano in fase avanzata.
Il primo prevedeva la realizzazione di un invaso di capacità utile pari a 20 milioni di metri cubi che avrebbe potuto servire il comprensorio Dronero-Busca-Saluzzo; il secondo ipotizzava la realizzazione dell’invaso di Isola di Tanarello.
Venivano considerati, invece, progetti da sottoporre ad ulteriore verifica di fattibilità l’invaso sullo Stura di Demonte e l’invaso nel medio Tanaro. Il primo avrebbe potuto servire le aree a sinistra e destra del fiume Stura, in sostituzione del vecchio progetto del grande invaso di Moiola; il secondo invaso era ipotizzato nel medio Tanaro, con possibile beneficiario il Destra Stura di Demonte.

Gli invasi

Gli invasi, genericamente parlando, sono dei sistemi artificiali che prevedono uno sbarramento che consente di raccogliere un certo volume d’acqua, intercettando quella che scorre nei corsi d’acqua e consentendone l’utilizzo in un momento successivo.
L’acqua raccolta può essere utilizzata per fini potabili, irrigui, idroelettrici, industriali e di tutela ambientale, poiché gli invasi potrebbero contribuire efficacemente all’obiettivo, oggi difficilmente raggiungibile, di mantenere nei corsi d’acqua quello che viene definito “deflusso ecologico”.
Inoltre la presenza di invasi può contribuire alla modulazione delle piene, perché permette di trattenere parte dei deflussi che arrivano nei momenti in cui risultano eccessivi e potenzialmente dannosi.
La nostra è una regione relativamente ricca d’acqua, ma ci sono oggi forti differenze rispetto al passato, non tanto in termini di precipitazioni complessive, che nel lungo periodo potranno anche risultare più o meno costanti, quanto in termini di distribuzione nel tempo, con periodi siccitosi sempre più frequenti e di maggiore durata, accompagnati da temperature eccezionalmente alte.

Le criticità dell’area cuneese

Il cuneese rappresenta, sotto questo profilo, una zona “vulnerabile” in quanto non dispone di ghiacciai e anche gli apporti nevosi, sempre più scarsi, si esauriscono rapidamente.
Conseguentemente i corsi d’acqua risultano caratterizzati da un regime idrologico con dei massimi di deflusso non coerenti con i fabbisogni irrigui; al contrario questi ultimi coincidono con i periodi di magra.
Oltre a ciò non ci sono grandi laghi e soprattutto non ci sono invasi artificiali, nonostante se ne parli da anni. C’è poi il fattore costi che appesantisce di non poco la situazione, perché le dighe e la loro realizzazione implicano spese elevate in fase di progettazione ed ancor più per la realizzazione.
Va da sé che considerare la costruzione di invasi di medie dimensioni o di tanti piccoli invasi distribuiti sul territorio, come Coldiretti chiede da molti anni, renderebbe più facile il controllo e la gestione delle piene e contribuirebbe in modo significativo al riequilibrio del bilancio idrico.
È, dunque, improrogabile la realizzazione di una rete di infrastrutture di trattenuta e accumulo, poiché in questo modo riusciremo a garantirci stabilmente in futuro le sempre più preziose riserve idriche, garantendo al contempo una migliore gestione del territorio in termini di prevenzione dai danni alluvionali.
Rispetto al passato, oggi si è acquisita maggiore consapevolezza circa la necessità di porre in essere interventi anche strutturali per far fronte alla siccità e dunque resta la speranza che l’inerzia del passato lasci il posto ad una rinnovata capacità di progettare il futuro facendo leva su tutti gli strumenti disponibili per garantire alle generazioni future questa risorsa nella quantità e qualità necessaria.

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