Dietro un apparente asettico registro amministrativo come l’anagrafe si cela un potenziale dispositivo di controllo e selezione della popolazione di un paese. Ne è convinto l’autore ad uno sguardo meno superficiale sui meccanismi sottesi all’acquisizione dei dati anagrafici da parte delle competenti amministrazioni.
All’origine c’è la constatazione di una società in continua mutazione, caratterizzata da flussi migratori interni e soprattutto da e verso l’esterno. Una fotografia per certi versi scontata che diventa complessa per le implicazioni a livello sociale, economico, di servizi con relative ricadute sul piano politico. Intanto è utile riflettere sulla non coincidenza di residenza e domicilio per il Codice civile. Per quanto facciano entrambe riferimento a dei luoghi, diverso è il rapporto col territorio che presuppongono. Mutuando i termini dal Codice civile l’autore precisa che la residenza coincide con la “dimora abituale”, quindi una presenza “materiale”, mentre il domicilio con “la sede principale degli affari e interessi individuali”, quindi con una scelta da parte della persona.
Distinzione che non è sottigliezza burocratica poiché la presenza sul territorio implica l’acquisizione di diritti e di doveri. Di qui la necessità per le amministrazioni di avere un riscontro della residenza degli individui per poter predisporre i servizi necessari.
La residenza, però, che per molti è scontata, per tanti costituisce un problema. L’autore sottolinea tipologie diverse di persone che in qualche modo con la residenza devono fare i conti. Non solo immigrati, ma anche studenti costretti a confrontarsi con la “solida ostinazione dell’amministrazione locale” che, appellandosi a leggi e ordinanze, non facilitano l’iscrizione all’anagrafe. Senza contare gli affitti in nero che, naturalmente, escludono a priori tale iscrizione.
Eppure sul certificato anagrafico poggiano dei diritti sanciti dalla Costituzione. È a questo aspetto che i riferimenti storici, prima, e i chiarimenti legali, poi, forniti dall’autore tendono. Se “una persona non è residente in quanto si trova in una certa condizione materiale, ma lo diventa se e quando è considerata e dichiarata tale dalle autorità competenti” nella forma dell’iscrizione ai registri anagrafici, allora si manifesta chiaramente il rischio di esporre il riconoscimento della residenza alla discrezionalità delle stesse amministrazioni. Ne sono esempio le ordinanze emesse da alcune autorità locali che di fatto restringono la possibilità di tale riconoscimento
In questo modo la residenza si atteggia a strumento di controllo sulla popolazione più debole spesso ai margini della società per scelta propria o per costrizione. Stabilisce una “linea simbolica che separa le persone residenti legittime dalle persone abitanti illegittime”. Di fatto divide tra chi può esercitare i propri diritti, avendo accesso alle risorse locali, da chi non è nelle condizioni farlo. Costituisce una finestra aperta sulla condizione di irregolarità di fronte alla legge.
(Senza) residenza
di Enrico Gargiulo
Editrice Eris
euro 6,90