Cuneo – Fabiano Porcu è da quattro anni direttore della Federazione Provinciale Coldiretti di Cuneo, e amministratore delegato di Impresa Verde Cuneo, la società di servizi ad essa collegata. È anche vice presidente della Camera di Commercio di Cuneo.
50 anni Porcu, è laureato in Economia aziendale, arriva dalla Sardegna, ha lavorato prima a Cagliari e poi a Brescia; in Coldiretti Sardegna dal 2004, poi in Liguria fino al 2014, alla direzione dell’Associazione regionale allevatori Lazio dal 2015 al 2017, poi in Piemonte come coordinatore gestionale di Coldiretti e ora alla guida cuneese.
Direttore, siamo alla vigilia di elezioni europee, davvero l’Europa è la madre e il male di tutti i problemi dell’agricoltura, come spesso le proteste ci vogliono far credere? Il direttore Nada mi ha detto “dalle Istituzioni UE arriva la soluzione ai principali problemi che le nostre aziende vivono”?
È proprio così come dice il presidente Nada e dunque non direi che l’Europa è il male. L’Unione europea ha mantenuto la Politica Agricola Comune (Pac) con cui destina all’agricoltura ben 7 miliardi, fonte importante di sostegno al reddito delle aziende. È vero, però, che alcune regole UE sono calate dall’alto in maniera generalizzata senza tenere erroneamente in considerazione che le aziende agricole e gli allevamenti hanno specificità molto diverse nei vari Paese europei.
A proposito di fondi europei, ma il sistema dei tanti contributi non ha “falsato” l’economia agricola, uno dei comparti più importanti dell’economia e certamente il più importante per l’umanità?
Negli ultimi decenni i sostegni assicurati all’economia agricola, a partire dalla Pac, sono stati fondamentali. Però è doverosa una precisazione: non stiamo parlando di aiuti all’agricoltura fine a se stessi, ma di contributi a produrre cibo salutare e genuino per l’intera collettività. Inoltre una parte di contributi è servita in questi anni a calmierare le dinamiche dei prezzi in mercato sempre più globale, non potendo certo ribaltare sulle famiglie pesanti rincari dei beni alimentari.
Anche nel vostro mondo e tra i politici locali c’è chi dice che il sistema contributi favorisce soprattutto i grandi e lascia indietro quello che era l’asse portante del mondo agricolo italiano e soprattutto cuneese, ovvero la piccola azienda familiare. C’è del vero?
La PAC va sicuramente ribilanciata, laddove c’è qualche stortura, a favore delle aziende di piccole e medie dimensioni che costituiscono l’ossatura portante del nostro sistema agricolo ma anche della nostra economia. Ma non dimentichiamo che nella nostra provincia nell’ultimo anno hanno beneficiato degli aiuti diretti della Pac, per un totale di oltre 27 milioni di euro, ben 11.000 aziende agricole. Non solo le grandi imprese, quindi, ma tutti i lavoratori che fanno fatica e se li sudano.
La Regione in questo senso che ruolo ha? Vi aiuta o è di ostacolo ulteriore
La Regione gioca un ruolo di primo piano perché scrive il cosiddetto Csr – Complemento per lo Sviluppo Rurale, l’ex Psr. Ciò che dovrebbe fare è semplificare quanto più possibile i bandi dello sviluppo rurale perché spesso è l’eccessiva complessità, fatta di cavilli burocratici, e non lo spirito sottostante a quei bandi, a creare delle barriere all’ingresso delle imprese meno strutturate, ossia quelle di piccole e medie dimensioni.
La Regione dovrebbe giocare un ruolo sulla questione della peste suina è un problema che siete riusciti ad arginare?
Noi no… Non è la Coldiretti a poter arginare la peste suina! Come abbiamo detto già in tempi non sospetti la Psa è stata portata in Piemonte dalla spropositata proliferazione dei cinghiali. La Regione e la Provincia devono fare uno sforzo ulteriore perché i risultati raggiunti, benché ci siano stati dei passi in avanti, sono assolutamente parziali e insoddisfacenti. Fintanto che non si inizierà a lavorare in maniera più decisa sul depopolamento dei cinghiali, non si riuscirà ad arginare il problema della peste. E poi è fondamentale separare il mondo dei selvatici da quello degli allevamenti suini per consentire agli allevatori di continuare ad operare.
Il Pnrr è una buona possibilità anche per l’agricoltura, come è la situazione?
Il Pnrr è un’ottima possibilità per tutti ma bisogna investire le somme, non solamente spenderle. Diventa un’opportunità concreta per l’agricoltura nel momento in cui si usano le risorse disponibili per fare investimenti strutturali, a cominciare dagli invasi. Alcuni bandi stanno procedendo molto bene, per esempio quelli riguardanti il fotovoltaico sui tetti di edifici agricoli, per il resto occorrono bandi semplici e raggiungibili dalle imprese senza eccessivi lacciuoli burocratici.
Lei che ha il quadro completo provinciale, l’agricoltura cuneese è ancora un’eccellenza?
Lo è senz’altro. Abbiamo in provincia di Cuneo 11 produzioni a denominazione d’origine fra Dop e Igp, 18 Doc e Docg che ricomprendono quasi 100 tipologie di vini. Eccellenze uniche che tutto il mondo ci invidia e che, insieme a decine di tipicità meno note ma di grandissimo valore, dall’ortofrutta alla carne ai formaggi, sono oggi minacciate da tentativi di omologazione e penalizzazione che arrivano da più parti, dalle indicazioni fuorvianti e allarmistiche sulle etichette di cibi e vini proposte a Bruxelles fino agli investimenti delle grandi multinazionali su prodotti di laboratorio spacciati per cibo.
In tutto questo scenario c’è spazio ancora per i piccoli coltivatori e piccoli allevatori, che sono sa sempre l’ossatura imprenditoriale cuneese?
Certo, c’è spazio perché sono proprio loro a garantirci buona parte delle eccellenze di cui parlavo poc’anzi. Anzi i piccoli produttori agricoli svolgono una funzione essenziale di presidio, mantenimento e cura delle aree interne, soprattutto di quelle a rischio abbandono, a cominciare dalla montagna.
E tra i piccoli l’agricoltura di montagna, che nel quadro provinciale ha una notevole importanza nelle dimensioni del territorio, ha qualche speranza di sopravvivenza?
Sì, ma servono politiche mirate per contrastare lo spopolamento. Se vogliamo che gli agricoltori e gli allevatori continuino a tener vive e vitali le nostre montagne, conservando conoscenze e tradizioni, salvaguardando la biodiversità e la bellezza del paesaggio contro frane e alluvioni, devono essere messi nelle condizioni di poter lavorare in maniera redditizia e con tutti i servizi necessari.