Testimoni arrabbiati perchè chiamati a deporre sulle circostanze di un processo per maltrattamenti in famiglia: è capitato al tribunale di Cuneo nel corso della seconda udienza del processo a carico di C.C., accusato dalla ex convivente di averla picchiata più volte nel corso della loro convivenza, quando era ubriaco. I due si erano conosciuti nel 2020 tramite amici e lei lo aveva anche ospitato quando lui si era trovato senza un luogo dove stare. Nel giro di qualche tempo l’amicizia divenne una relazione sentimentale e l’uomo si fermò a casa della donna che aveva un figlio da una precedente relazione. I due ebbero poi un figlio nel 2021, quando il rapporto aveva già manifestato le sue problematiche.
Per quattro volte la donna si era rivolta ai Carabinieri per segnalare le aggressioni dovute al suo frequente stato di ebbrezza: “Dovevamo andare a casa di mia sorella in Liguria per le ferie; lo aspettavo perchè usciva dal lavoro alle 15, ma lo vidi dalla finestra al bar sotto casa fino alle 21. Non me la sentivo di andare a casa di altri con lui in quelle condizioni e iniziai a disfare i bagagli. Lui però tornò, vide il trolley, pensò che me ne volevo andare e mi diede una spinta. Il giorno dopo presi i figli e andai in Questura”.
La donna ha riferito anche di quando era stata presa a schiaffi perchè gli aveva fatto notare che era tornato a casa ancora una volta ubriaco, o di quando era stata afferrata per il collo, o minacciata in presenza delle forze dell’ordine. “Quando non beveva era una brava persona, ma quando beveva diventava pericoloso”, ha riferito la donna che anche in occasione dell’ultima denuncia, ad agosto del 2022, aveva pensato di voler ritirare la querela per non fargli passare dei guai, perchè quella fosse solo una lezione da cui imparare e cambiare. Mai la donna si era recata al Pronto soccorso e anche gli agenti intervenuti non avevano notato segni evidenti di percosse.
Una situazione in cui la testimonianza delle persone che la conoscevano e con cui lei aveva parlato negli ultimi tempi della sua situazione sarebbe stata importante per chiarire il quadro in cui era maturata la decisione di denunciare il convivente. Non erano però dello stesso avviso le tre testimoni chiamate dall’accusa, che da subito hanno manifestato la propria rabbia per essere state chiamate a deporre; due di loro si sono sentite anche in dovere di precisare che la loro frequentazione con la parte offesa si era interrotta dal momento in cui erano state chiamate in Questura come persone informate sui fatti, “perchè sono qui a parlare di cose che non so”, hanno detto, negando di conoscere dettagli della relazione della donna con l’imputato, di cui però avevano riferito agli agenti quando furono sentite nell’immediatezza dei fatti. Di fronte alle contestazioni del pubblico ministero e ai ripetuti richiami da parte della presidente del collegio, sono quindi faticosamente crollati tutti quei ‘non so, non ricordo e non so nulla’ e sono usciti fuori alcuni dettagli.
“Mi aveva parlato della situazione con il compagno, diceva che gli voleva bene ma non quando lui beveva. Il suo figlio più grande mi confermò che lui gli correva dietro col bastone”, ha dichiarato dopo molte insistenze una delle testimoni, aggiungendo di essere stata messa al corrente di quando l’amica fu strattonata per le braccia e insultata dal compagno o di quando fu sbattuta a terra, “mi mandò un messaggio con la foto di un livido scrivendo che se le fosse successo qualcosa almeno io lo sapevo. Mi mandò anche due video in cui lo stava riprendendo mentre lui andava su e giù per casa alterato, molto arrabbiato. Lei aveva chiuso i bambini in camera”.
Anche l’altra testimone dopo più richiami ha dovuto confermare di essere a conoscenza di quanto lamentava l’amica e di essersi anche offerta di darle degli indumenti per il figlio piccolo quando lei si era allontanata da casa dopo la denuncia dell’agosto 2022.
In aula l’assistente sociale del Consorzio che aveva preso in carico il nucleo familiare ha riferito di aver inserito la donna con i due figli all’interno di una comunità e dopo un periodo di assistenza e monitoraggio era stata presa la decisione di collocare in affidamento temporaneo presso altre famiglie i due bambini. Dell’imputato l’assistente sociale ha riferito l’atteggiamento collaborativo dal punto di vista economico, almeno fino a quando la donna è stata inserita nella comunità e che aveva un buon legame affettivo con suo figlio, anche se richiedeva un aiuto nella sua gestione.
Il processo proseguirà il 27 novembre