Si è chiuso con due condanne il processo di primo grado a carico di S. M. e C. J., titolari rispettivamente del bar Mirela di piazzale Libertà e del Chicken King’s di via Pellico, denunciate nel settembre 2021 da un gruppo di residenti della zona per disturbo della quiete pubblica. Si conclude in questo modo il primo grado di giudizio di un lungo processo che ha visto contrapposte le ragioni dei residenti, che lamentavano un continuo disturbo del riposo nelle ore notturne e una qualità della vita decisamente peggiorata – soprattutto nei fine settimana quando il locale di via Pellico registrava il maggior afflusso di clienti e il bar Mirela proponeva serate di karaoke -, e le ragioni delle due esercenti che sempre nel corso del giudizio hanno ribattuto di essersi adoperate nel migliore dei modi per evitare che la loro attività recasse disturbo. Era stato lo stesso pubblico ministero a chiedere l’assoluzione delle due imputate dalle accuse contestate, ritenendo “legittima la loro attività, forte dei permessi in deroga rilasciati dal Comune e con il fattivo interessamento affinché gli schiamazzi non superassero una certa soglia”. Una conclusione condivisa dalla difesa che con forza aveva sottolineato che non era stata eseguita alcuna rilevazione ufficiale del livello di rumore da parte dell’Arpa, perché in quella zona anche le forze dell’ordine non avevano rilevato particolari problematiche. Sull’altro piatto della bilancia la posizione di un cospicuo gruppo di residenti, portati in aula a raccontare le problematiche di vita quotidiana dovute al rumore che per gran parte della notte impediva loro di trascorrere in pace le serate a casa, riuscendo a chiudere occhio solo dopo le due o le tre di notte. Il giudice dopo aver ascoltato tutti i testimoni di accusa e difesa, ha stabilito la pena di un mese di arresto per l’ex titolare del Chicken King’s e 150 euro di ammenda per la titolare del bar Mirela, condannata per due episodi di schiamazzi notturni del 5 giugno e del 17 luglio 2021, assolvendola per gli altri episodi presenti nella querela dei residenti. Entrambe le donne sono state condannate al pagamento delle spese processuali e al risarcimento delle parti civili costituite, da decidere in sede civile. A loro carico anche il pagamento della costituzione in giudizio delle parti civili.