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Lunedì 23 dicembre 2024

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Crollo del viadotto di Fossano, le valutazioni dei tecnici

Le dichiarazioni spontanee e le difese degli imputati nel processo in corso, dopo le perizie di parte

Fossano

La Guida - Crollo del viadotto di Fossano, le valutazioni dei tecnici

Al processo sul crollo del viadotto di Fossano, dopo le perizie di parte, nel corso dell’ultima udienza quattro dei dodici imputati hanno accettato di sottoporsi all’esame di accusa e difesa, mentre un quinto ha scelto di rilasciare delle dichiarazioni spontanee. “Se la boiacca che iniettavamo nelle guaine che contenevano i cavi usciva dall’altra parte rispetto al punto dove veniva pompata, questo significava che era stata iniettata bene”, a dirlo il geometra R. R. della Ing. Franco, società incaricata di fornire i conci prefabbricati e di altre operazioni tra cui appunto il riempimento delle guaine che contenevano i cavi di precompressione con la miscela di cemento, acqua e additivi in modo da proteggerli dagli agenti esterni. Il fatto è però che dalle analisi eseguite dopo il crollo del ponte, risultava che una buona parte di quelle guance era completamente priva di boiacca, e l’acqua che nel tempo era penetrata all’interno dei tubi aveva corroso i cavi fino a spezzarli e a provocare il crollo della struttura. “Quando non si ha visibilità dell’interno del cavo si può solo ipotizzare che nel corso degli anni l’acqua abbia dilavato, portato via, disgregato la boiacca. L’acqua può fare danni incalcolabili e nel punto in cui è crollato era completamente macchiato ma non negli altri punti”. Molto più marginale è apparso invece il ruolo dell’ingegner M. A. F., all’epoca neoassunto alla Ing. Franco con il compito di trait d’union fra la ditta e i progettisti per quanto riguardava l’analisi dei dati della tesatura dei cavi di precompressione e con mansioni di contabilità e ordinativi di materiali. “Il controllo in tempo reale delle opere? Non era previsto personale continuativamente sul cantiere – ha riferito l’ingegnere A. A., caposezione Anas e direttore dei lavori – andavo una o due volte a settimana per verificare che i lavori venissero svolti come da progetto. Ci alternavamo con il mio coadiutore che aveva anche fatto un importante verifica sulla qualità dei materiali”. Anche per l’ingegnere dell’Anas non si poteva avere la certezza che la boiacca avesse completamente riempito la guaina, perché non era possibile ispezionare l’interno ma come prescritto dalla circolare loro dovevano accertarsi che la boiacca fuoriuscisse dai fori di sfatto sulla parte opposta. “Sapevamo che i cavi dovevano essere protetti dall’acqua, protetti anche con l’impermeabilizzazione fatta appositamente per quel tipo di costruzioni”. Proprio su questo punto si è soffermato il quarto imputato, l’ingegnere G. A., direttore del centro di manutenzione dell’Anas, progettista e direttore dei lavori del 2006 durante i quali furono sostituiti giunti: “Il lavoro fu perfetto e infatti i giunti erano ancora perfettamente in opera dopo 11 anni, a differenza degli altri che dovemmo sostituire dopo 6 anni perché ammalorati e da sostituire perché dei giunti rovinati posso creare problemi a tutto quello che c’è sotto”. Anche secondo l’ingegnere dell’Anas comunque una possibile causa del crollo fu la mancanza di boiacca: “La corrosione dei cavi d’acciaio può essere determinata anche dalla sola umidità. L’iniezione di boiacca deve essere abbondante, almeno il 10% deve fuoriuscire dall’altra parte”. Di controlli e di verifiche sullo stato di salute del ponte ha infine parlato con delle dichiarazioni spontanee C. D. C., ispettore dell’Anas: “Ci chiedevano di controllare eventuali lesioni, crepe, ferri a vista, lesioni nel calcestruzzo ma non le macchie, non ci chiedevano di segnalare umidità perché non la consideravano rilevante. Anche per quanto riguarda la presunta fessurazione di nove millimetri uno dei giunti, le immagini estrapolate da Google Streetview del maggio 2017 mostrano che non c’era alcuna fessurazione”. L’udienza è stata rinviata al 14 maggio per i testimoni di difesa.

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