Una bocciatura su tutta la linea per le politiche della casa e per le risposte all’emergenza abitativa nella nostra provincia e in tutto il Piemonte viene dai sindacati inquilini (Sunia, Sicet e Uniat, legati a Cgil, Cisl e Uil), che stanno portando il tema sui territori in una serie di incontri. Prima tappa a Cuneo in Cgil nella mattinata di oggi (venerdì 19 aprile), con Davide Masera (Sunia), Giovanni Baratta (Sicet) e Domenico Paoli (Uniat): “Non è stato messo un euro per l’edilizia pubblica ed è stato ridotto il numero di persone che hanno diritto alla casa, attraverso una legge regionale di stampo propagandistico e su cui le nostre proposte non sono state minimamente ascoltate. Una parte importante di popolazione, dai giovani ai lavoratori poveri, non riesce a sostenere le spese di mercato per la casa, la cui offerta è in forte calo per queste persone. Eppure c’è una fascia di popolazione che non ce la fa, che vogliamo o non vogliamo vederla, e invece dobbiamo fare i conti con la realtà e dare risposte. Servono vere politiche per la casa, con risorse e interventi, con stanziamenti certi del bilancio regionale. Che razza di politica sociale è quella che non si cura delle famiglie più povere? I problemi vengono poi ribaltati sui Comuni e sui servizi sociali”.
In Piemonte si contano 52.000 alloggi di edilizia pubblica, di cui 5.000 non sono a disposizione per problemi di manutenzione; in provincia di Cuneo le “case popolari” sono in 3.450 alloggi (e in merito agli interventi di manutenzione, ad esempio, sui quattro comprensori sono quattro in totale i tecnici incaricati). Una situazione imbarazzante, è stato detto, per un problema grave, sempre più grave, a cui si è messo mano con “una legge inutile e discriminatoria”, ispirata da uno slogan come “prima i piemontesi” e tradotta in incongruenze che condizionano i bandi di assegnazione. Un esempio, è stato sottolineato dai rappresentanti sindacali: dato che dall’assegnazione all’effettiva disponibilità di un alloggio di edilizia popolare passano dai 12 ai 24 mesi, in caso di perdita del lavoro in quel periodo si perde anche il diritto alla casa assegnata, perché è requisito l’avere un contratto di lavoro in essere (condizione che esclude pensionati, vedove con reversibilità oppure, appunto, chi si ritrova disoccupato).