Nessuna condanna per “un’attività lecita, con permessi in deroga rilasciati dal Comune e con le proprietarie che si erano attivate affinché gli schiamazzi non arrivassero oltre una certa soglia”. È questa la conclusione della pubblica accusa nel processo che vede imputate le titolari del Chicken King di via Pellico e del bar Mirela di piazza della Libertà per disturbo della quiete pubblica. Sempre secondo l’accusa, le titolari dei locali si erano attivate sia per l’insonorizzazione dei locali, senza che il proprietario delle mura andasse oltre una manifestazione di interesse, così come si erano attivate nel chiamare le forze dell’ordine per segnalare avventori molesti o passanti rumorosi che si soffermavano nei pressi dei locali, atteggiamenti che secondo l’accusa dovrebbero condurre a un’assoluzione perché il fatto non costituisce reato. Di diverso avviso la parte civile nella persona dell’avvocato Claudio Massa che ha sottolineato le diverse contestazioni mosse alle due titolari ricordando che nei confronti del bar Mirela si contestava il rumore emesso nelle serate del karaoke, “per le quali, difformemente da quanto dichiarato dal pubblico ministero non erano state richieste deroghe per il 2021. Anche il superamento di 5 decibel in orario notturno costituisce una violazione amministrativa secondo la legge. I residenti hanno atteso anni prima di decidere l’azione giudiziaria, quando ormai la qualità della loro vita aveva subito una notevole diminuzione”. Rispetto alle contestazioni alla titolare del Chicken King invece l’avvocato Massa ha rielencato le molte testimonianze dei condomini residenti in via Pellico i quali lamentavano le vibrazioni dovute al rumore proveniente dal locale. Secondo la parte civile nemmeno si può parlare di resipiscenza da parte delle due imputate poiché la titolare del Chicken King ha nel frattempo cessato l’attività mentre la titolare del bar Mirela si è adeguata a volumi più bassi solo dopo il contenzioso. Alla richiesta di assoluzione si è associata la difesa dell’avvocato Aldo Serale che ha precisato che per i due locali, situati in un’area costantemente monitorata dalle forze dell’ordine, non risultavano particolari problematiche relative alla musica o ai rumori. L’avvocato ha anche ricordato che non esistono valutazioni ufficiali da parte dell’Arpa e non è stato quindi stato dimostrato il superamento dei decibel né che le due titolari non si siano immediatamente attivate non appena venute a conoscenza delle lamentele espresse da alcuni residenti, e per questi motivi ha chiesto l’assoluzione di entrambe. La sentenza è attesa per il 14 maggio dopo le repliche delle parti.