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Venerdì 22 novembre 2024

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La morte sul lavoro di un 32enne “fu un errore umano”?

L'ipotesi è stata sostenuta dai periti della difesa, per l'incidente che avvenne nel gennaio 2020 in un capannone a Busca

Busca

La Guida - La morte sul lavoro di un 32enne “fu un errore umano”?

Prosegue al tribunale di Cuneo il processo chiamato a far luce sulla morte di Daniele Peroncelli (nella foto), il 32enne titolare di una ditta di impianti elettrici, deceduto il 14 gennaio 2020 mentre eseguiva lavori di manutenzione delle lampade sul soffitto del capannone della ditta Trae, utilizzando una piattaforma elevabile per l’utilizzo della quale però non aveva ottenuto l’abilitazione. All’interno del capannone erano in corso lavori che il proprietario dell’edificio aveva appaltato alla ditta Imq di M. Q. e D. Q., di cui la vittima era stato un dipendente fino a quando si era messo in proprio. Erano stati loro a subappaltargli quel lavoro di manutenzione sulle lampade del capannone e la vittima lo stava svolgendo utilizzando la piattaforma elevabile di S. B., titolare di una ditta di verniciatura che aveva affittato quella piattaforma alla Imq senza però autorizzare il Peroncelli al suo uso. Tutti e quattro sono stati chiamati a rispondere in giudizio dell’accusa di omicidio colposo.
L’incidente si sarebbe verificato a causa dell’urto contro una capriata del capannone mentre l’elettricista procedeva a marcia indietro sulla piattaforma elevabile a circa nove metri di altezza; secondo l’accusa, i comandi di quella piattaforma erano usurati e poco visibili e Peroncelli la stava usando nonostante non fosse abilitato. I tecnici delle Spresal avevano rilevato che i pittogrammi del quadro comandi erano usurati e per questo ne venne prescritta al proprietario la sostituzione, mentre per quanto riguarda il suo funzionamento, il tecnico chiamato dalla Procura aveva riferito che sia i comandi a terra sia quelli nel cestello funzionavano correttamente, anche se il tecnico dell’Arpa chiamato a verificare lo stato di sicurezza della piattaforma aveva dichiarato che il quadro comandi non era ben visibile e per questo nell’azionarla si era affidato al libretto di uso e manutenzione del mezzo. In istruttoria è emerso che nonostante non avesse l’abitazione, la vittima aveva più volte usato la piattaforma della Imq quando era un suo dipendente, ma quella a disposizione il giorno dell’incidente era un’altra, quella dell’imbianchino S. B. che l’aveva affittata alla Imq con un contratto in cui non era previsto il suo utilizzo da parte della vittima. Secondo i periti delle difese, ascoltati nel corso dell’ultima udienza, l’incidente invece sarebbe accaduto per un errore commesso della vittima nell’azionare in ritardo i due comandi necessari ad arrestare la macchina, uno a pedale e l’altro sul quadro. Il processo proseguirà il 24 aprile.

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