Lavori per un sentiero di mtb su terreno comunale, due assolti
Alpe Seirasso, parte del territorio comunale di Magliano Alpi: erano a processo il rappresentate della Prato Nevoso e il titolare di una ditta di escavazioni
La Procura di Cuneo li aveva rinviati a giudizio perché avevano cercato di realizzare un sentiero per mountain bike su un terreno all’alpe Seirasso a quota 1.500 metri, appartenente al Comune di Magliano Alpi e sottoposto a tutela ambientale, senza chiedere alcuna autorizzazione; secondo l’avvocato Mario Vittorio Bruno che li ha rappresentati in giudizio, E. M. (rappresentate della Prato Nevoso) e L. T. (titolare di una ditta di escavazioni) stavano solo eseguendo lavori di manutenzione di un sentiero che era già stato mappato dalla Regione nel 2002 e che escursionisti in bici avevano segnalato come poco sicuro, mal visibile e mal tenuto. A denunciare i lavori sul sentiero era stato nel giugno 2020 un margaro che affittava quel terreno per l’alpeggio estivo dal Comune di Magliano: “Erano terreni sottoposti a tutela ambientale e non avrebbero in ogni caso neanche potuto chiedere una sanatoria perché erano terreni del Comune di Magliano”, aveva riferito in aula il sindaco Marco Bailo. “Sono sentieri tracciati già dal 2002 e segnalati con cartelli escursionistici – ha replicato E. M. -, la nostra società si occupa della manutenzione delle piste da sci e dei terreni dove si svolgono attività estive sia di escursionismo a piedi sia in bici. Avevo chiamato la ditta di L. T. per pulire e rendere sicuro il tracciato”. Nella convinzione che fosse suo dovere occuparsi della manutenzione, non aveva pensato di chiedere l’autorizzazione al Comune di Magliano: “Era un tracciato di 500 metri di lunghezza e un metro di larghezza, dovevo solo tappare dei buchi e renderlo più lineare. Pensavamo fosse manutenzione ordinaria”, ha aggiunto l’altro imputato, titolare della ditta. Per l’accusa però l’istruttoria aveva dimostrato la responsabilità dei due imputati da condannare a due mesi di arresto e 12.000 euro di ammenda ciascuno, mentre per l’avvocato Bruno si era fatto solamente “tanto rumore per nulla, tanto che di queste opere di manutenzione dopo pochi mesi non c’era più traccia. Non censuro il comportamento del Comune finché non sostiene che ponendo in essere semplici opere di manutenzione si crei un pericolo: forse lo si è evitato per gli escursionisti. Non vi è stata alcuna realizzazione di strade o sentieri e nessuno ha affermato che sia stato realizzato qualcosa di nuovo”. A conclusione dell’arringa l’avvocato ha chiesto l’assoluzione dei suoi assistiti perché il fatto non costituisce reato o in subordine per particolare tenuità del fatto: è stata proprio quest’ultima la formula utilizzata dal giudice per assolvere i due imputati.