Cuneo – È stato assolto dall’accusa di omissione d’atti d’ufficio Domenico Montù, direttore del Servizio di Igiene e Sanità Pubblica dell’Asl Cn 1, dopo essere stato denunciato da un’infermiera che era stata sospesa dal servizio poiché non vaccinata. Il dottor Montù era stato rinviato a giudizio su imputazione coatta decisa dal Gup Cristiana Gaveglio che aveva rigettato la richiesta di archiviazione pronunciata dal pubblico ministero Alberto Braghin. Al dirigente della Asl si contestava la mancata risposta alla richiesta di chiarimento sul vaccino che l’infermiera aveva inviato attraverso il proprio avvocato. Lettera di chiarimenti che era arrivata a fine agosto, dopo che dal Sisp erano già state inviate due delle tre comunicazioni destinate a tutto il personale sanitario, in cui si chiedeva ai dipendenti se si erano vaccinati e in caso non lo avessero ancora fatto se avessero prenotato o se avessero segnalato eventuali situazioni mediche incompatibili con la vaccinazione. Le incompatibilità dovevano essere supportate da un certificato medico che veniva valutato da un’apposita commissione – di cui non faceva parte il dott. MOntù – che poi inviava la documentazione al settore amministrativo per giustificare o meno l’esonero. Secondo l’accusa, che nelle sue conclusioni ha chiesto l’assoluzione dell’imputato, il dott. Montù era il destinatario sbagliato di quella richiesta di chiarimenti pervenuta alla fine di agosto, poiché a lui spettava solo l’applicazione di una procedura amministrativa e non un trattamento sanitario, “la procedura prevedeva di rivolgersi la medico vaccinatore o al proprio medico di medicina generale per verificare la compatibilità con la propria situazione. Inoltre per la configurazione del reato di omissione d’atti d’ufficio per mancata risposta entro 30 giorni, c’è il problema della diffida che non è stata fatta” ha concluso il pubblico ministero Alberto Braghin. Per la parte civile avvocato Rocco Sardo, la sua assistita “aveva diritto nei 30 giorni ad una risposta, qualunque essa fosse, e l’aveva rivolta al dirigente apicale. Era un periodo di emergenza e ogni individuo era posto di fronte ad una scelta tragica tra sospensione dal lavoro o sottoposizione al vaccino; era necessario un consenso informato”. Di diverso avviso l’avvocato Andrea Carpinelli che insieme all’avvocato Luciano Aimar difendeva il dott. Montù “c’era il medico aziendale, o il medico di base che poteva fare un certificato per evidenziare le problematiche della signora, c’era il medico vaccinatore a cui chiedere informazioni prima di prestare il proprio consenso, c’erano i numeri verdi istituiti dal Ministero per fornire informazioni a tutti i cittadini. Invece la signora ha inviato una lettera al direttore del Sisp che si occupava in quel momento di far applicare una procedura amministrativa e non avrebbe potuto fornire quella informazione personalizzata necessaria a prestare un consenso informato”.