Dronero – Si è concluso con la richiesta di condanna per solo due dei sei imputati rinviati a giudizio nel processo per un giro di spaccio di cocaina tra Dronero e Cuneo su cui gli agenti della Squadra Mobile avevano investigato tra il febbraio e il settembre del 2017.
L’organizzazione aveva come base l’alloggio in cui vivevano G.D.S. 42enne di origini palermitane considerato il vero capo del traffico, insieme alla moglie B.M. anche lei rinviata a giudizio per due episodi di detenzione di sostanze stupefacenti, al fratello F. ( la cui posizione è stata stralciata) e al padre (nel frattempo deceduto). Con i due coniugi sono stati rinviati a giudizio anche il cugino P.S., il cognato B.F. e altri due uomini T.L. e Z.F.
Le attività di pedinamento e intercettazione avevano preso avvio da una segnalazione del febbraio del 2017. Tra di loro le persone coinvolte parlavano in siciliano e utilizzando parole in codice, ma agli agenti della Squadra Mobile apparve chiaro che si parlava di spaccio di cocaina. Da subito inoltre era parso chiaro che il capo dell’organizzazione fosse G.D.S., che si riferiva agli altri definendoli ‘i suoi operai’, che si lamentava con il cugino che aveva deciso di tornare in Sicilia, perchè sarebbe stato obbligato ad accollarsi anche quella parte di lavoro, e che dava disposizioni ai parenti che si trovavano a casa avvisandoli dei clienti che stavano per arrivare a comprare la cocaina. In casa vennero trovati quantitativi di stupefacente nei pensili della cucina e tra le tegole della mansarda; nelle perquisizioni sulle auto degli indagati, venne trovata cocaina nel vano motore e nello sportello della benzina.
Nel corso dell’intera indagine furono recuperati e sequestrati più di 150 grammi di cocaina, e ad ogni sequestro gli esponenti della banda diventavano più nervosi, divisi tra la necessità di recuperare crediti dai clienti e di trovare nuovi fornitori per non uscire dal giro.
Uno degli agenti che aveva svolto le indagini aveva riferito in aula di quando sequestrarono un pacchetto di 14 grammi di cocaina che Z.F. aveva nascosto sotto una catasta di legna nella campagna tra Busca e Villafalletto, “lo vedemmo piegarsi vicino ad una catasta di legna e andare subito via. Ci trovammo il pacchetto di cocaina e lo prendemmo. Quando poco dopo arrivò G.D.S. e non trovò niente sembrava impazzito. Quel giorno stesso lo avevamo intercettato mentre cercava un altro fornitore. Lo fermammo poco più tardi, era in auto con delle dosi di codeina”.
All’esito dell’istruttoria la procura ha giudicato provate le accuse di detenzione e spaccio solo per G.D.S, per il quale è stata chiesta la condanna a 6 anni, 4 mesi e 25mila euro di multa, e Z.F. per il quale sono stati chiesti 6 anni 30 giorni e 25mila euro; insufficienti invece gli elementi raccolti in giudizio per chiedere la condanna degli altri quattro imputati, per i quali è stata chiesta l’assoluzione. Secondo l’avvocato di Z.F. però il processo non avrebbe chiarito in maniera certa neanche il coinvolgimento del proprio assistito nei due episodi che gli erano stati contestati, in particolare quello relativo alla cocaina trovata sull’auto di G.D.S. dopo che questo era stato a casa di Z.F.; secondo la difesa, le indagini non avevano chiarito se quella droga era stata comprata quel giorno né da chi, poiché Z.F condivideva l’appartamento con il fratello e un’altra persona. La difesa di G.D.S. ha invece contestato che il proprio assistito fosse il capo dell’organizzazione, dato che si trattava di un intero nucleo familiare coinvolto nello spaccio. Inoltre G.D.S. era già stato giudicato nel 2017 per due episodi che facevano parte dello stesso disegno criminoso: l’avvocato ha quindi chiesto la riqualificazione del reato riconoscendo la continuazione con i due episodi già giudicati.
Il processo è stato rinviato al 4 aprile per le repliche e la sentenza.