Cuneo – Non lo dimenticheremo più: quel giorno, un po’ come era accaduto per l’11 settembre 2001, data dell’attentato alle torri gemelle del World Trade Center di New York, resterà per sempre scolpito nella nostra mente.
Il 23 febbraio del 2020 a Cuneo era una tranquilla domenica di festa: in città esplodeva l’allegria del Carnevale, con il consueto corteo di maschere e di carretti che si snodava lungo le vie del centro. Lo spettro del Covid aleggiava già sulle nostre teste, ma ancora ci si illudeva che si trattasse di una realtà lontana, che difficilmente avrebbe raggiunto l’angolo remoto e protetto della nostra provincia.
Invece, quel Carnevale fu l’ultima manifestazione pubblica svoltasi prima che sulle nostre vite si abbattesse la scure del lock down, inziato con la sospensione delle lezioni scolastiche e via via proseguito con una serie di chiusure progressive, fino a giungere al blocco totale di tutte le attività, scattato il 9 marzo.
Quella stessa domenica sera a Cuneo risulteranno negative le prime persone ricoverate nell’ospedale del capoluogo con sospetto Coronavirus. Si trattava di tre cittadini cinesi, che al rientro in Italia da un viaggio nel loro Paese d’origine, in aeroporto avevano superato i controlli, ma, giunti al loro domicilio a Roreto di Cherasco, alla comparsa di sintomi che potevano far pensare all’avvenuto contagio, si erano messi in isolamento volontario, richiedendo l’intervento dei sanitari. Dopo le prime analisi, con esito dubbio, erano stati sottoposti ad un nuovo test, che aveva sciolto le riserve inziali, attestandone la negatività al virus. (https://laguida.it/2020/02/23/coronavirus-tutti-negativi-i-tre-cinesi-ricoverati-al-carle/).
La Granda tirava un sospiro di sollievo, ma il conforto sarebbe durato poco. Di lì a breve, ad inizio marzo, il Covid sarebbe dilgato anche alle nostre latitudini, falciando migliaia di vite, mettendo in ginocchio il sistema sanitario e quello economico e cambiando per sempre le nostre esistenze.
Da allora sono trascorsi quattro anni: la pandemia pare essere cessata, la macchina economica si è rimessa in moto, le nostre vite sono tornate a scorrere sui binari di una ritrovata normalità. Ma ricordare è un obbligo: non solo per onorare la memoria di chi è stato travolto dallo tsunami del Covid e di chi ha sacrificato la propria vita per salvarne tante altre, ma per cercare di imparare una lezione che ci eravamo ripromessi di non dimenticare e che, invece, già abbiamo scordato.