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Domenica 24 novembre 2024

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Due anni di guerra in Ucraina e il pericoloso intensificarsi dei conflitti armati nel mondo

Nel nostro Paese, ci sono forze politiche e sociali che sembrano aver perso completamente la bussola

La Guida - Due anni di guerra in Ucraina e il pericoloso intensificarsi dei conflitti armati nel mondo
Mykolaiv, attacco missilistico (Foto STWN - AgenSir)

Mykolaiv, attacco missilistico (Foto STWN – AgenSir)

Due anni fa (ma sarebbe più corretto dire dieci anni fa, perché esattamente il 20 febbraio 2014 iniziava l’occupazione russa della Crimea), il 24 febbraio 2022, l’esercito russo invadeva l’Ucraina. Una “operazione militare speciale” che doveva risolversi in pochi giorni e che si è invece trasformata in una guerra che continua tutt’oggi. Una devastazione mai vista, centinaia di migliaia di morti, milioni di profughi. Ormai lontane anche le mobilitazioni dell’accoglienza e le preoccupazioni di tipo monetario per i costi del gas. Tutto “digerito”, per noi. Tutto incerto e tragico per le popolazioni che hanno i soldati impegnati in una guerra spietata e che continuano a fare i conti con bombe e missili. Che piovono sulle loro teste e uccidono e senza vedere spiragli di risoluzione.
Una guerra che dura da troppo tempo e che non viene nemmeno più raccontata.
In Tv e nelle diatribe politiche, altre guerre hanno preso il posto dell’Ucraina. Prima fra tutte la lotta tra Israele e Hamas che dopo le violenze inaudite del 7 ottobre con l’attacco proditorio ai kibbutz israeliani, il massacro di uomini e bambini, di donne stuprate e sgozzate e di prigionieri presi in ostaggio, ha generato la risposta israeliana e la disumana devastazione in corso della Palestina con l’uccisione di migliaia di civili. Con il rischio di allargamento del conflitto a tutta l’area mediorientale.
Ma gli scontri aumentano di intensità in altre parti del mondo. Sono 55 i conflitti armati tra Stati, di questi 8 hanno raggiunto il livello di guerra e 22 sono stati internazionalizzati. Registrano cioè l’ingresso di truppe esterne, di altri paesi, a supporto di uno o di tutti e due i contendenti. Restano in gran parte guerre che non fanno notizia, perché non mandano in fibrillazione le Borse, non creano “scompensi” agli scambi commerciali internazionali.
Ci stiamo pericolosamente abituando ai venti di guerra che soffiano ovunque. E alla nuova corsa agli armamenti di molti Paesi, dalla Russia agli Usa alla Cina ai Paesi europei. Un riarmo generale poderoso e inquietante per la convivenza tra i popoli nel futuro prossimo. Motivato, in Europa, dal previsto disimpegno militare degli USA sul fronte europeo (dalla NATO) e dalla necessità di prepararsi ad un possibile prossimo attacco della Russia ad un paese UE, se l’Ucraina dovesse cedere.
In ogni caso una spada di Damocle sulla fragile pace (quella che ancora c’è), dove preoccupano soprattutto i Paesi guidati da dittature intolleranti di ogni dissenso e confronto interno, come la Russia di Putin, l’Iran degli ayatollah, la Cina di Xi Jinping. Che ad oggi non trovano reazioni sufficientemente forti sul piano diplomatico e economico-finanziario, da parte dei Paesi democratici. Dove l’interesse economico, legato all’esportazione di armi e allo sfruttamento delle risorse primarie indispensabili, trova il modo di aggirare i blocchi e le sanzioni.
Di fronte a questo stato delle cose, nel nostro Paese, ci sono forze politiche e sociali che sembrano aver perso completamente la bussola. Giustificano, quando non si pongono addirittura a sostegno (a servizio?) di chi ignora o calpesta ogni forma di democrazia, di chi uccide gli oppositori per affermare un potere assoluto, di chi usa le armi per sopprimere e conquistare una nazione libera, di chi usa lo stupro come arma di guerra.
Non c’è violenza che giustifichi altra violenza, ma la pace senza la libertà (di movimento, di opinione, di dissenso) e senza rispetto del diritto internazionale semplicemente non è pace.
A Cuneo nei prossimi giorni, ci saranno manifestazioni, confronti e dibattiti sul tema. È decisivo che ognuno possa esprime liberamente la propria posizione e pensiero. È doveroso parlare di guerra e di pace. La follia della guerra ci chiama in causa tutti quanti. Le vittime sono sempre le persone che le armi non le usano né le portano. Non possiamo e non vogliamo tacere di fronte a uno scenario internazionale che vede prevalere la logica dello scontro su quella del confronto. Ma cosa possiamo fare concretamente? Tenere alta l’attenzione sulle situazioni di crisi, non cedere alla tentazione di farci tifosi di una delle parti ma essere intellettualmente onesti nel riconoscere i valori fondanti della democrazia come pilastri insostituibili di ogni convivenza civile. Informarci meglio, partecipare alle iniziative che chiedono e producono dialogo e incontro. A noi, per ora, non è chiesto il coraggio di un Navalny che invece di fuggire come hanno fatto in molti, è tornato tra la sua gente in Russia rifiutando e combattendo la logica della dittatura che annichilisce le idee, il dissenso, la libertà, per testimoniare che questi sono valori umani e sociali non negoziabili. A noi è chiesto molto meno, di non assuefarci alla guerra, di non accontentarci del nostro benessere o della nostra libertà, che non sarà per sempre. Se non la irrobustiamo ogni giorno.

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