Alba – La marijuana prodotta “in casa” (per altro, in casa d’altri) era la fonte di finanziamento per le partite di cocaina, che giungevano soprattutto tramite un contatto dalla Calabria, e il giro di denaro era comunque molto elevato: nella mattinata di oggi (martedì 23 gennaio) i Carabinieri del Nucleo operativo provinciale hanno coordinato una vasta operazione antidroga tra cuneese e astigiano, con interventi anche nel torinese e fuori regione, oltre alla ricerca di persone in corso all’estero, in particolare in Albania. Sono 24 i capi d’accusa in totale, in particolare spaccio e traffico di sostanze stupefacenti, estorsione e porto d’armi abusivo (recuperata anche una pistola che veniva mostrata per intimidire nelle fasi di “recupero crediti” dai clienti, che erano di tutte le tipologie). Tra le misure cautelari emesse dal Gip di Asti ci sono 14 provvedimenti (nove albanesi, quattro italiani e un marocchino; tra loro, otto in carcere e tre ai domiciliari), oltre ad altri nove indagati, di cui uno è stato arrestato perché nella sua abitazione sono stati trovati 200 grammi di cocaina e mezzo chilo di marijuana.
Le aree di spaccio erano soprattutto l’albese e il braidese, ai confini con l’astigiano, ma quella era anche la zona di produzione della droga: in un casolare abbandonato nel territorio comunale di Alba, infatti, i Carabinieri hanno scoperto una serra allestita con le migliori attrezzature per favorire al massimo la coltivazione di cannabis, per un ammontare di 510 piante, oltre a 18 chili di marijuana già pronta. “Ogni pianta può produrre fino a un chilo e mezzo di maijuana – ha spiegato il comandante provinciale Giuseppe Carubia (a sinistra nella foto sotto, con il comandante del Nucleo operativo Angelo Gerardi) – che venduta all’ingrosso a un euro al grammo genera una mole di denaro che permette di immettere sul mercato della criminalità, ma anche nell’economia legale attraverso il riciclaggio, cifre molto consistenti”.
Ecco quindi che, con il solo materiale sequestrato nel casolare albese (occupato e “allestito” dai malviventi, con tanto di “operaio” e di allacciamento abusivo alla corrente elettrica; gli inquirenti ipotizzano comunque la disponibilità di altri “centri produttivi”) il sodalizio criminale era in grado di garantirsi una base economica di almeno mezzo milione di euro. Fiumi di denaro che diventavano fiumi di cocaina, ancora più redditizia della marijuana nella vendita al dettaglio, con forniture dalla Calabria (anche con vari “viaggi” fino a due chili di sostanza stupefacente per volta).