Racconigi – Otto anni di reclusione era la pena chiesta dal pubblico ministero Alessia Rosati per D. O., 40enne di origini senegalesi denunciato dalla moglie nel 2018 dopo una convivenza di otto anni costellata di maltrattamenti, botte e violenze sessuali. Sei anni e sette mesi di reclusione è la pena inflitta dal collegio dei giudici che hanno escluso dalla richiesta di condanna tre episodi di lesioni, due dei quali prescritti e uno per insussistenza del fatto. Alla vittima è stato anche riconosciuto un risarcimento di 20.000 euro.
“Quando ti sposi devi avere pazienza, la nostra religione è molto rigida e tradizionale; mia nipote ha sopportato fino a quando non ce l’ha fatta più”, aveva riferito in aula ai giudici la zia della donna che, in quegli anni di maltrattamenti e violenze aveva anche dovuto sopportare il fatto che il marito tornasse regolarmente in Senegal dove aveva sposato un’altra donna, privandola di ogni mezzo di sussistenza. Erano i familiari di lei, il fratello e la sorella, a occuparsi delle necessità della donna e dei suoi figli, aiutandola anche a trovare un alloggio del Comune.
“Non si prendeva le sue responsabilità – aveva raccontato il fratello -, nonostante lavorasse non si prendeva cura della moglie e dei figli. Non pagava né il cibo né l’affitto, andava in Senegal a farsi la sua vita. Mia sorella l’aiutavamo noi e il Comune. Mi aveva raccontato di essere stata picchiata, ho visto i segni”.
Nella sua requisitoria la dottoressa Rosati ha ripercorso gli anni di convivenza della coppia con tutti gli episodi di maltrattamenti subiti dalla donna, percossa con schiaffi, spintoni e insulti se osava lamentarsi perché lui rincasava alle due o tre di notte. Insultata e accusata di tradimento perché aveva fatto entrare in casa un amico del marito mentre lui non c’era e poi colpita con un violento pugno sulla guancia se lei osava lamentarsi per le foto di un’altra donna sul cellulare di lui. Salvata grazie all’intervento di un’amica dal lancio di una sedia a lei diretto mentre era incinta. Minacciata col coltello per due volte. Abbandonata senza mezzi di sussistenza mentre lui trascorreva lunghi periodi in Senegal. Violentata per due volte nel 2018, dopo che la donna aveva sporto denuncia, perché si rifiutava di tornare con lui.
In aula l’uomo aveva negato ogni episodio di violenza, ribadendo il suo diritto ad avere una seconda moglie nel Paese di origine che si prendesse cura di sua madre. La parte civile ha sottolineato il fatto che nonostante avesse un lavoro da operaio non provvedeva alla famiglia, tanto che si è dovuti intervenire con un pignoramento presso terzi per ottenere un assegno di mantenimento per i figli.
Di incongruenze e contraddizioni nel racconto della donna ha parlato invece la difesa dell’uomo che ha messo in dubbio gli episodi di violenza, avvenuti nella casa assegnata alla coppia dal Comune, dove lei si sarebbe recata da sola a recuperare i propri indumenti nonostante il rischio di subire violenze dall’uomo. Una tesi rigettata dai giudici che hanno condannato l’uomo al pagamento delle spese processuali e di costituzione della parte civile, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.