Racconigi – “La caratteristica della fattispecie del maltrattamento è il requisito dell’abitualità: la decisione di chiedere l’intervento delle forze dell’ordine e magari denunciare arriva al termine di un percorso tutt’altro che immediato e tempestivo, specie in contesti dove sono inseriti figli minori”: con queste parole il pubblico ministero Francesca Lombardi ha illuminato il difficile quadro familiare che aveva portato alla denuncia di B. C., di origini albanesi, da parte della moglie che si decise a sporgere querela nel gennaio 2021, al culmine di anni di vessazioni e botte che si verificavano anche in presenza delle figlie della coppia ogni volta che l’uomo beveva. Spintoni e maltrattamenti cui la moglie non riusciva a sottrarsi perché lui le impediva di uscire di casa in un contesto di agitazione aggressiva: “Lui stesso aveva definito la moglie ‘una che sapeva il fatto suo e che ogni tanto andava tenuta a bada’ – aveva sottolineato la dottoressa Lombardi – e così ecco che veniva spinta e buttata a terra davanti alle figlie e poi ancora colpita con una ginocchiata che per alcuni giorni le causò difficoltà a camminare”, episodi che portarono alla denuncia di gennaio 2021 dopo l’ennesima lite. La sera del 24 gennaio, ancora una volta ubriaco, l’uomo avrebbe alzato a tutto volume la musica disturbando anche la cognata che abitava vicino a loro; dopo l’ennesima lite placata dall’intervento di un parente, la donna era andata a dormire a casa del fratello e quando il giorno rientrò a casa lo trovò in garage completamente ubriaco. “Un collega lo aveva chiamato per chiedergli come mai non fosse andato a lavorare – aveva riferito la donna ai giudici – e lui inventò la scusa di un malessere della figlia. Mi arrabbiai perché aveva usato come scusa nostra figlia, che io avevo accompagnato a una visita medica a Torino perché lui si era rifiutato di farlo”. Quel giorno da spinte e strattonanti si passò alle minacce: “Ti spacco la bocca, ti ammazzo”, le avrebbe detto l’uomo stringendole le mani al collo e prendendo poi un paio di forbici, cercando intanto di strapparle il telefono con cui la donna cercava di chiamare i Carabinieri. Una scena cui aveva assistito anche la cugina della donna, minacciata anche lei. Una serie di condotte provate non solo dalle testimonianze ma anche dal referto ospedaliero per le lesioni al collo della donna. Da qui la richiesta di condanna a tre anni e due mesi di reclusione. Di rapporto conflittuale ha invece parlato la difesa dell’uomo, attribuendo a entrambi discussioni e insulti reciproci che solo in occasione della lite del gennaio 2021 avrebbero avuto ripercussioni dirette sullo stato d’animo della donna che però aveva sempre riferito di non aver temuto per sé o per le figlie. Una tesi rigettata dal collegio dei giudici che ha accolto la richiesta dell’accusa, condannando l’imputato a tre anni, cinque mesi e 15 giorni di reclusione.