Borgo San Dalmazzo – “Respingiamo ai mittenti i giudizi di “improvvisazione e superficialità” ovvero addirittura di malafede nella trattazione della vicenda «Ricorso al Tar» da parte della Amministrazione Comunale”.
È quanto scrive il gruppo di maggioranza “Uniti per Borgo” a proposito del ricorso presentato al Tar con l’intento di fermare l’iter autorizzativo per la realizzazione del biodigestore presso gli impianti di San Nicolao. Ricorso che il Tar ha rigettato il 28 ottobre scorso.
Con motivazioni che il gruppo “Uniti per Borgo” ritiene non condivisibili. Spiegando le ragioni in un lungo comunicato.
“E’ trascorso poco più di un mese dalla notizia della sentenza con cui il Tar si è pronunciato in relazione alla questione biodigestore – si legge nella nota -. La approfondita disamina della documentazione, effettuata con il supporto dei legali incaricati, ci permette di contestare recisamente l’affermazione secondo la quale “Il ricorso è stato presentato oltre i termini previsti dalla legge”.
Il ricorso giurisdizionale è infatti stato notificato entro il termine di 60 giorni dall’esaurimento del periodo di pubblicazione in albo pretorio del provvedimento impugnato, stante l’assimilazione statutaria espressamente prevista delle deliberazioni dell’Assemblea con le deliberazioni del consiglio comunale. Ciò anche in ragione della peculiarità dell’atto amministrativo oggetto di ricorso (verbale di deliberazione) che, sia sotto il profilo formale che sotto quello sostanziale, non poteva ragionevolmente ritenersi esistente all’atto dell’assunzione della votazione nonostante l’immediata esecutività la quale attiene notoriamente ai (soli) profili di efficacia. Non a caso, secondo quanto risulta agli atti, lo stesso Cec ha atteso l’avvenuta pubblicazione in albo pretorio della deliberazione impugnata prima di procedere alla sottoscrizione dell’atto d’obbligo ed inviarlo al Ministero.
L’art. 41, comma 2, primo periodo, del Codice del processo amministrativo stabilisce che il ricorso deve essere notificato entro il termine previsto dalla legge (nel nostro caso 60 giorni) decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, OVVERO, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge.
In sostanza, la norma prevede due termini iniziali differenti per il decorso del tempo: il primo decorre dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell’atto; ma per gli atti che per legge devono essere pubblicati, la disposizione contempla un termine ben preciso: “dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione”.
Il Tar, con una pronuncia che per le ragioni sopra evidenziate non pare pertanto condivisibile, ha ritenuto che, nonostante il chiaro dettato normativo, il termine di 60 giorni sarebbe decorso sin dal momento di adozione della deliberazione del Cec (17 febbraio 2023), in quanto la sindaca, essendo presente alla discussione del punto e avendo partecipato alla votazione, ne avrebbe avuto in quel momento la piena conoscenza nonostante in allora il “provvedimento” non esistesse neppure materialmente. La questione della presunta “tardività” del ricorso si pone pertanto totalmente diversa rispetto a quanto detto e descritto da taluni, forse in maniera un po’ avventata e senza aver approfondito le carte, in occasione del deposito della sentenza”.
Per le motivazioni sottese al voto contrario espresso in seno alla Assemblea consorziale del Cec lo scorso 17 febbraio – che il gruppo consiliare “Uniti per Borgo” ritiene tuttora valide – si sta attentamente esaminando la vicenda in corso al fine di valutare l’opportunità e la fruttuosità di ottenere una pronuncia sul merito tramite i successivi gradi di giudizio”.
La parte conclusiva del comunicato è una replica dai toni polemici alle critiche espresse dai consiglieri di minoranza.
“Per tutte le ragioni sopra evidenziate – scrive il gruppo “Uniti per Borgo” – si respingono ai mittenti i giudizi – nei termini di “improvvisazione e superficialità” ovvero addirittura di malafede nella trattazione della vicenda «Ricorso al Tar» da parte della Amministrazione Comunale (nonchè dei legali incaricati) che avrebbe consapevolmente determinato un danno per il Comune e i suoi cittadini – espressi sugli organi di stampa da alcuni consiglieri in carica e da ex consiglieri comunali di recente dimissionari. Giudizi che riteniamo essere chiaramente al di sopra della dialettica politica e della critica legittima in quanto basati su dati di fatto falsi con grave lesione alla onorabilità della Amministrazione e, come tali, integranti gli estremi della diffamazione”.