“L’haiku è una forma di poesia giapponese che dice tutto quello che ha da dire in soli tre versi, per 17 sillabe totali”, spiega l’autore. Gli fa eco il dizionario per definire la bicicletta: “Veicolo per una sola persona, consistente in un telaio su due ruote”: essenziale come l’haiku.
Ma prima di arrivare al testo giapponese l’autore si concede anche altre riflessioni. Lo scrivere e la bicicletta vanno a braccetto. Sono ambedue atti non solo ricreativi, ma addirittura creativi. Se il divertimento è evidente, la creatività scaturisce dal “ciclovagare”, dalla lentezza connaturata al mezzo. Consente di guardarsi intorno, di prendersi il tempo necessario per assaporare le curiosità altrimenti fuggevoli.
Se poi la penna sceglie la forma dell’haiku, allora il connubio appare perfetto: “l’haiku libera dalla preoccupazione di dire cose importanti, dal non sapere quando andare a capo, dalla ricerca della rima”. Un po’ come il vento che si intrufola tra i capelli pedalando.
E allora ecco l’invito dell’autore: liberarsi dai pensieri perché “qua sopra (sulla bicicletta) non ci stanno”. Poi si parte con un doveroso iniziale omaggio alla bicicletta: “due ruote più tre tubi/più la libertà”. Ma non basta. Il richiamo al mezzo si fa elogio perché apre la mente, non produce scarichi e libera dalla schiavitù del parcheggio.
C’è persino spazio per sentimenti romantici sempre sul filo della leggerezza, dello stupirsi per le piccole cose, per i cortocircuiti del reale smascherati col sorriso sulle labbra. Pillole di ottimismo contro la serietà della vita: qualcuno potrà storcere il naso giudicando insulse parole, ma forse che quando si è sul sellino e si pedala col vento tra i capelli non ci si sente un po’ superiori a certe raffinatezze fin troppo ingombranti?
Haiku in bicicletta
di Pino Pace
Editrice Notes
euro 11,5