Racconigi – Era partito come un normale intervento di pubblica sicurezza presso il Centro di accoglienza straordinaria collocato nell’ex albergo Carlo Alberto dove alcuni richiedenti asilo avevano messo in atto una protesta per denunciare le loro condizione di vita, ma ben presto i carabinieri si sono resi conto che c’era dell’altro dietro le proteste per il vitto e le condizioni di alloggio dentro lo stabile di Racconigi.
“Dovemmo fare più interventi per placare gli animi, promettendo che avremmo indagato – ha riferito in aula il maresciallo che ha seguito le indagini -. Convocammo alcuni ospiti della struttura e poi gli altri vennero spontaneamente, era stato un passaparola”. Dai racconti dei giovani stranieri è emerso un quadro di sfruttamento per cui sono stati rinviati a giudizio il titolare di un’azienda agricola di Costigliole Saluzzo dove i richiedenti asilo erano impiegati nella raccolta della frutta con compensi in busta paga inferiori al numero di ore effettivamente lavorate – e che ha patteggiato la pena previo pagamento dei contributi evasi – e M.M. dipendente della cooperativa Liberitutti che per un certo periodo aveva gestito la struttura di Racconigi. Sul suo conto corrente gli inquirenti hanno trovato numerosi e ricorrenti versamenti in contanti per un totale di 37mila euro, con banconote di piccolo taglio (5 o 10 euro) che secondo l’accusa corrispondevano ai soldi prelevati indebitamente ai migranti per il costo di trasporto sul luogo di lavoro fatto con un pulmino della cooperativa in violazione dell’accordo stipulato con la Prefettura e che prevedeva l’uso dei veicoli della cooperativa solo per svolgere pratiche burocratiche in Prefettura o per visite mediche. “Gli prelevavano 5 euro al giorno per portarli al lavoro – ha riferito l’ispettore del lavoro delegato allo svolgimento delle indagini -. I ragazzi lavoravano 5 o 6 giorni a settimana con orari di 9 ore, se un giorno pioveva dovevano recuperarlo lavorando di domenica. Per quanto riguardava la retribuzione, la paga oraria era in linea con quella del contratto nazionale, ma ai ragazzi venivano pagate meno ore di quante effettivamente lavorate. Il datore di lavoro ha poi patteggiato la pena sanando la situazione contributiva dei lavoratori”. Per quanto riguarda le accuse mosse all’imputato, il maresciallo della Guardia di Finanza che ha eseguito le verifiche sul suo conto bancario, ha riscontrato una serie di versamenti in contanti tra il febbraio del 2017 e il febbraio del 2021 per un totale di 37mila euro, tutti in tagli da 5 o 10 euro, i soldi che i migranti avrebbero speso ogni giorno per essere portati al lavoro con un pulmino della cooperativa che in realtà non aveva neanche l’autorizzazione a quel genere di trasporto e che nell’estate del 2018, in seguito alla proteste di alcuni dipendenti della cooperativa, venne sostituito con un servizio affidato ad una ditta privata. Il processo proseguirà a febbraio con le deposizioni dei primi testi dell’accusa.