Cuneo – È stato condannato a due anni e tre mesi Y. A., cittadino somalo rinviato a giudizio con l’accusa di violenza sessuale, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale. Nel tardo pomeriggio del 21 luglio 2021, una donna anch’essa somala aveva chiamato la centrale per chiedere aiuto dato che un uomo l’aveva molestata e la stava seguendo con insistenza. Quando gli agenti arrivano in corso Giolitti all’angolo con piazza Europa la donna era visibilmente agitata e impaurita, mentre l’uomo che le stava a pochi metri di distanza urlava minacce e non sembrava affatto intimorito dalla presenza dei poliziotti.
“Continuava a urlarle e minacce a sfondo sessuale – aveva riferito in aula uno degli agenti intervenuti – e quando gli abbiamo chiesto i documenti ha iniziato a insultare anche noi”. Sbracciando e scalciando l’uomo ingaggiò uno scontro fisico con i poliziotti che non senza fatica erano riusciti per un attimo a bloccarlo a terra. Divincolandosi fra calci e pugni Y. A. riuscì a darsi alla fuga in direzione della stazione, venendo fermato dopo essere inciampato e caduto a terra nei pressi di piazzale Libertà.
La donna vittima della violenza e delle minacce ha riferito ai giudici che quel pomeriggio aveva accompagnato il figlio alla stazione e mentre tornava all’auto incontrò tre ragazzi anch’essi somali: “Mi chiesero se ero somala e iniziammo a scambiare due chiacchiere nella nostra lingua. Quando ci siamo salutati lui ha cercato di baciarmi sulle labbra per due volte, mi sono tirata indietro dicendo che non era così che ci si saluta in Somalia”.
Mentre si dirigeva all’auto però quello la seguì e le palpeggiò con insistenza il sedere. La donna allora, temendo che aprendo l’auto quello sarebbe salito con lei, preferì dirigersi a piedi verso piazza Europa con l’uomo che inseguendola le urlava insulti sessisti e la minacciava: “Gli dissi che avrei chiamato la Polizia, lui rispose che potevo chiamare chi volevo, che lui non mi avrebbe mollata e che non aveva paura di loro. Mi gridò che mi avrebbe violentata, mi minacciò di morte”. Minacce e insulti che furono riferiti anche in presenza degli agenti.
A conclusione dell’istruttoria il pubblico ministero nel sottolineare la volontarietà in tutti i singoli reati contestati – dalla violenza alla donna con il tentativo di bacio e poi l’insistito palpeggiamento, alle minacce e gli insulti pronunciati anche davanti ai poliziotti e al chiaro tentativo di fuga dai poliziotti che cercavano di identificarlo – ha chiesto una condanna a due anni e sei mesi di reclusione, mentre la difesa ha parlato di contraddizioni nel racconto della vittima sottolineando alcune presunte incongruenze fra quanto denunciato quella sera stessa e quanto riferito al processo. Il collegio ha però giudicato Y. A. colpevole di tutti i reati e lo ha condannato applicando anche l’interdizione dai pubblici uffici.