Borgo San Dalmazzo – Si è concluso con una condanna il processo per spaccio di sostanze stupefacenti a carico di B. A., giovane di origini marocchine, a cui i Carabinieri sono risaliti proprio a partire dai suoi acquirenti. L’indagine aveva preso avvio ad aprile 2021 quando vicino alla bocciofila erano stati controllati alcuni ragazzi noti come assuntori di sostanze stupefacenti. Uno di loro aveva ancora il residuo di una bustina di hashish e alla domanda su chi gliel’avesse venduta, il giovane fece il nome dell’imputato.
Durante la perquisizione a casa di quest’ultimo, i militari trovarono materiale per il confezionamento; davanti ai Carabinieri il ragazzo cercò di distruggere il proprio cellulare calpestandolo ma da quella sim gli inquirenti erano riusciti a risalire ad alcune conversazioni in cui si parlava di cessione di droga, chiamata “la verde” o “la marrone”. Mentre erano in corso le indagini su di lui, B. A. aveva però continuato a spacciare. In agosto un’auto fu avvistata dai Carabinieri nel cortile di casa sua. Fermato poco dopo essersi allontanato dal cortile, dall’auto del ragazzo usciva un forte odore di hashish e i militari trovarono una bustina da 5 grammi, sul suo cellulare era attiva una chat Telegram con l’autodistruzione dei messaggi entro 14 secondi dalla loro apertura. Oltre a questi due acquirenti, i Carabinieri risalirono ad altri tre che riconobbero B. A. in foto perché lo conoscevano solo di vista. Tutti hanno dichiarato in aula di aver acquistato da lui fino all’estate 2021 quando vennero sentiti in caserma dagli inquirenti: varie dosi da 5 grammi al prezzo di 50 euro che non avevano mai consumato insieme al venditore. A istruttoria conclusa, il pubblico ministero ha chiesto la condanna del ragazzo a 10 mesi e 1.800 euro di multa, con la concessione delle attenuanti generiche in considerazione della difficile situazione familiare in cui era cresciuto dopo l’abbandono del padre e con la madre agli arresti domiciliari per altri reati. Per la difesa però le indagini non avevano chiarito sufficientemente se quelle cessioni erano avvenute in un contesto di consumazione collettiva e, tenendo conto anche della perizia medica sulle condizioni psichiche del ragazzo, ne ha chiesto l’assoluzione. Il giudice ha invece accolto la richiesta dell’accusa condannando l’imputato a 11 mesi e 1.500 euro di multa.