Cuneo – È entrato nel vivo il processo che vede sul banco degli imputati l’amministratore delegato e presidente di acqua S.Anna Alberto Bertone insieme al suo direttore commerciale Luca Chieri, accusati di turbata libertà dell’industria e del commercio e di diffamazione aggravata ai danni della società Fonti Alta valle Po che produce l’acqua Eva. Insieme ai due imputati era stato rinviato a giudizio anche Davide Moscato dipendente della Mia Beverage, controllata dalla S.Anna, che però aveva subito chiesto e ottenuto la messa alla prova, in seguito alla quale è stata emessa sentenza di non luogo a procedere.
L’accusa è di aver screditato la società Fonti Alta Valle Po con un articolo pubblicato sul sito mercatoalimentare.net, non più attivo, in cui già dal titolo ‘Inchiesta: Acqua Eva è un brand di proprietà Lidl?’ si adombrava il dubbio di un possibile conflitto d’interessi e un danno per tutti i grandi centri della grande distribuzione organizzata che, commercializzando l’acqua Eva, favorivano un concorrente, “abbiamo saputo di questo articolo – ha spiegato in aula il presidente e amministratore delegato della Società Fonti Alta valle Po Gualtiero Rivoira – perchè il 13 giugno del 2018 un manager di Coop Italia ci inviò una mail in cui era allegato il link del sito su cui era pubblicata l’inchiesta e ci chiedeva urgenti chiarimenti in merito. Nell’articolo si parlava di conflitto d’interessi e si diceva che i nostri acquirenti non sarebbero stati felici di comprare prodotti da un proprio competitor. Queste frasi ci danneggiavano molto, era grave far credere che ci fossero soci occulti perchè la trasparenza è fondamentale”. “Era un sito che non conoscevamo – ha poi spiegato Emanuele Pacetta direttore commerciale della Società Fonti Alta valle Po – non era ‘aperto’ e infatti non ci si arrivava tramite ricerca su google. L’inchiesta era di aprile, c’erano poi quattro o cinque articoli ripresi da altre riviste. Anche l’impaginazione sembrava copiata da altre riviste di settore. Non c’erano dati sull’editore o la redazione, l’articolo non era firmato, pensai subito che qualcuno voleva farci del male perchè le cose andavano benissimo; dai controlli di due diligence eravamo stati definiti un gioiellino, eravamo in fase di espansione tanto che avevamo intrapreso anche l’investimento del magazzino automatizzato”.
A quella richiesta di spiegazioni seguì immediatamente una dichiarazione del presidente Rivoira e una diffida per il sito che infatti sparì completamente, ma nonostante le tempestive azioni intraprese, da quel momento in poi le cose girarono sempre peggio. La querela presentata all’autorità giudiziaria ai primi di luglio mise in moto le indagini della Polizia Postale dalle quali emerse che il sito era intestato ad una signora di Montegrosso d’ Asti, classe 1937 deceduta nel 2011. La signora risultava essere la nonna di Davide Moscato, titolare di una società di marketing e dipendente della Mia Beverage ( controllata da S.Anna ) nel 2018, intestatario della carta di credito lussemburghese utilizzata per pagare il dominio del sito. “Quando circa un anno dopo venimmo chiamati dalla Procura per Moscato e Bertone – ha raccontato Rivoira – ci si è aperto un mondo, soprattutto alla luce delle due manifestazioni di interesse ad acquistare il nostro marchio presentate da Bertone a settembre ed ottobre del 2020. Le offerte non erano congrue sul piano delle cifre proposte, ma soprattutto alla luce della campagna denigratoria le rifiutai subito”. Intanto però a seguito di quell’articolo la Società perse l’opportunità di una partnership con la Red Circles di Renzo Rosso, proprietario del marchio Desigual e intenzionato con la Società Fonti Alta valle Po ad investire nel settore food and beverage. Inoltre la Società perse anche uno dei più grossi clienti, la Alleanza 3.0, una delle cooperative di maggior peso in Coop Italia, “copre la zona nord-est, adriatica, la Sicilia, la Campania, il Lazio – ha riferito Pacetta – e da gennaio 2019 abbiamo perso il 50% dei volumi che facevamo con Coop, circa 10 milioni di bottiglie, un dato enorme in termini di produzione e fatturato. Il motivo non era commerciale perchè eravamo la settima acqua più venduta su quaranta in listino e venimmo sostituiti da un prodotto che vendeva un decimo del nostro”. L’udienza proseguirà martedì prossimo con altri testi di parte civile.