Saluzzo – Si è concluso con un’assoluzione il processo per estorsione a carico di D. M., 48enne saluzzese accusato di aver usato parole minacciose nel pretendere la restituzione di un debito di 3.500 euro da un suo conoscente. Secondo il 35enne che lo accusava, D. M. si sarebbe presentato al bar della bocciofila dove lui lavorava, per chiedere la restituzione dei soldi: “Era un debito per l’acquisto di droga – aveva ammesso la parte offesa -, ero infastidito che mi fosse venuto a cercare al bar e l’ho seguito al parcheggio. Avevo la coscienza sporca per il mio debito e lui disse che se non lo pagavo avrei avuto sue notizie, percepii quelle parole come una minaccia”.
Le telecamere puntate sul bancone del bar, quel 15 dicembre ripresero in effetti D. M. che insieme a un’altra persona si avvicinava per prendere un caffè e tra i due qualche breve scambio di parola. Non c’erano telecamere invece nel parcheggio del bar dove sarebbero state pronunciate le frasi minacciose. “Non è vero che il debito era per l’acquisto di droga – ha ribattuto in aula l’imputato -, lui mi doveva dei soldi che gli avevo prestato prima che trovasse lavoro, in un momento di difficoltà. Mi disse che doveva vendere una casa e poi me li avrebbe restituiti. Glieli diedi in più occasioni e mia sorella vide uno di questi passaggi di soldi. Se fosse stato per la droga i soldi avrebbe dovuto darli lui a me e non io a lui. Quel giorno al bar mi disse che i soldi non voleva più restituirmeli e io gli dissi che avrebbe avuto notizie dal mio avvocato”.
Secondo l’accusa quell’incontro testimoniato dalle telecamere era realmente avvenuto e la minaccia implicita e concreta, volta a incutere timore andava sanzionata con una condanna a un anno e otto mesi di reclusione. Per la difesa invece la parte offesa aveva semplicemente usato la scusa di un presunto debito per droga per sottrarsi alla restituzione di un prestito di tutt’altro genere. E non sarebbe stato l’imputato a pronunciare parole minacciose, ma il debitore che nel parcheggio gli avrebbe detto di non tornare più perché gli avrebbe bruciato casa. Una tesi che il giudice ha accolto assolvendo l’imputato per insussistenza del fatto.