Bruno Daniele nasce ad Alba nel 1948, dove vive e lavora. Si diploma a Torino in Grafica Pubblicitaria e segue i corsi di nudo presso lo studio di Pippo Bercetti. Per la sua attività di incisore, frequenta la scuola di calcografia presso l’Accademia Raffaello di Urbino. Dopo le opere figurative degli esordi rivolte a una pittura di impegno sociale ed ecologico, Daniele, nei primi anni Ottanta si orienta verso una pittura informale di materia, sotto l’influenza di Burri e Gallizio, avvalendosi dei materiali più disparati, dalla iuta al cartone, dal catrame al polistirolo, dagli ossidi alle resine epossidiche. “Quella irrequieta tendenza che della sua pittura è propria, – dice Albino Galvano – a coniugare l’interesse per i contenuti ideologici ed emotivi del quadro con la passione per la materia, densa, operata, scavata e graffiata, sentita quasi come fine a se stessa, come l’essenziale del fatto pittorico…”
Avvia un nuovo percorso definito Movimenti di materia in cui sperimenta anche l’uso di formati tondi e di trittici, con una pittura fortemente gestuale, il colore dissacrato dalle sciabolate di nero e, tuttavia, esaltato da piccole aperture, dagli spazi bianchi. “Bruno Daniele – ha scritto di lui Francesco Lodola -, in quasi trent’anni di seria e motivata militanza artistica, si è posto come raro esempio di pittura neo-informale stilisticamente risolta e poeticamente autentica. Perché le sue radici, come succede a quelle delle secolari viti di Langa nel terreno marnoso delle colline, affondano nell’indagine critica di quel linguaggio e il nutrimento, che la pittura ne trae, Bruno lo sostanzia di contenuti pregnanti e contemporanei”. Molte le personali in Italia e all’estero e sue opere sono presenti in diverse collezioni pubbliche e private (Torino, Milano, Genova, Bologna, Roma, Parigi, Monaco, Melbourne, Boblingen, Norimberga).
Dice di lui Giorgetto Giugiaro: “Pianeti, mondi, pennellate profonde scolpiscono con la forza dello scultore; colori forti contrastati dal nero che li fa roteare senza lasciare un punto di riferimento. L’insieme, visto da lontano, ti fa ricordare i colori di Velazquez, dei grandi pittori spagnoli. Tondi che ti trasportano in mondi lontani, pianeti della fantasia, dell’emozione. Senti il bisogno di usare un “telescopio” per scoprire la profondità di queste emozioni”.
Proprio a Milano Paolo Levi scrive: “ “C’è in questo pittore un sentore di autobiografia non a livello di scrittura personale, ma di atmosfera interiore. Nel suo modo di operare c’è, infatti, tutto uno stato d’animo, un bisogno di scandagliare dentro la propria realtà ancora sconosciuta. La sua scelta espressiva, infatti, è quella di portare alla superficie della tela forme informi. Della pittura informale, egli è, per l’appunto, un messaggero dall’avisionarietà tutta interiorizzata”.