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Giovedì 21 novembre 2024

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Passato, bisogni e speranze per ritrovare la “vera patria”

È morto a Parigi, a 94 anni, Milan Kundera, uno dei più grandi scrittori contemporanei europei

La Guida - Passato, bisogni e speranze per ritrovare la “vera patria”

È morto a Parigi, a 94 anni, Milan Kundera, uno dei più grandi scrittori contemporanei europei. Nato a Brno nell’allora Repubblica Ceca il 1 aprile 1929, Kundera era emigrato in Francia nel 1975, dove ha insegnato alle università di Rennes e di Parigi. Espulso dal suo paese nel 1950 a causa di alcune critiche da lui espresse alla politica culturale del paese, venne riammesso nel 1956, ma nel 1968  si schierò apertamente a favore della cosiddetta “Primavera di Praga”, e fu per questo costretto a lasciare il posto di docente e, nel 1970, venne nuovamente espulso dal partito. Nel 1979, a seguito della pubblicazione de “Il libro del riso e dell’oblio”, gli fu tolta la cittadinanza cecoslovacca. Dopo la Primavera di Praga le sue opere vennero proibite in Cecoslovacchia; i suoi romanzi più recenti li ha scritti in lingua francese e non ha concesso a nessuno i diritti di traduzione in lingua ceca. È del 1984 il suo più clamoroso successo, L’insostenibile leggerezza dell’essere, in Francia.

La Guida ha pubblicato in questi anni sulle sue pagine le recensioni di alcuni dei supi ultimi libri ne riportiamo due.

 

Che cos’è la patria dopo ventanni di separazione? Che cosa significa la memo­ria e come può essere condivisa? Su questi temi si co­struisce la storia dell’ultimo romanzo di Kundera, “L’ignoranza”. Nelle vicende di una donna e di un uomo che, dopo aver vissuto per oltre vent’anni lontani da Praga in esilio volontario e con storie tra loro lontane, avendo in comune solo un dimenticato amore adolescenziale con­clusosi burrascosamente, ri­ tornano, nella terra d’origine e, casualmente, si rincontra­no. La donna, Irena, ha vis­suto a Parigi, fuggita dalla madrepatria col marito per­ ché questo si sentiva minac­ciato, rimasta vedova e poi legatasi a un altro uomo, de­cide, su pressioni esterne e non per autentica esigenza, di tornare a Praga, alla cadu­ta del regime comunista. L’uomo, Josef, fa il veterina­rio e anche per lui sono stati più di venti gli anni di sog­giorno lontano dalla patria. La sua nuova vita si è svolta in Danimarca, lì ha amato una donna, si è sposato, è ri­masto vedovo. Prendere l’ae­reo, viaggiare, soprattutto tornare, significa ripercorre­re nella mente nomi, volti e luoghi del passato: non c’è fe­licità in tutto ciò, solo imbarazzo. E “l’ignoranza” delle trasformazioni che sono av­venute in tanti anni negli amici, nei rapporti, nelle vite di tutti rendono difficile ogni incontro. I due protagonisti si incontrano casualmente. L’incontro è di pochi minuti, ma qualcosa li accomuna, li unisce, così fissano un suc­cessivo appuntamento. En­trambi avevano, dentro di sé, paragonato la loro vicenda a quella di Ulisse.
Il forte senso di estraneità, la sensazione di avere altrove la propria dimensione più ve­ra svanisce in Irena quando incontra, all’appuntamento prefissato, Josef: è amore, ma lui ignora chi sia la don­na con cui sta vivendo quel momento prodigioso. Quan­do l’equivoco viene alla luce, il prodigio si spezza, ritorna la sofferenza e la fatica e non resta che tornare a quella che forse è la vera “patria”, quel­la che è il presente e con cui è più facile confrontarsi, e accettare gli affetti noti, la propria conosciuta realtà.
Come sempre in Kundera, i momenti di riflessione si in­trecciano con le vicende: un po’ di filosofia, qualche idea illuminante, molta capacità di collegare il particolare al generale. La lettura così dà al lettore la sensazione di un’esperienza arricchente, di un impegno intellettuale anche laddove il messaggio non sia del tutto originale o partico­larmente profondo. La bril­lante scrittura dell’autore ce­co favorisce una lettura rapi­da e partecipe del libro, e permette sia di avere uno strumento in più di com­ prensione del nuovo mondo emerso dalla società dei Pae­si dell’Est a conclusione del­l’esperienza socialista, sia di fermarsi a riflettere su che cosa possano significare per ognuno passato, patria, biso­gni e speranze.

L’ignoranza
Milan Kundera
Adelphi
16 euro

Dopo quattro anni di silenzio, esce in anteprima mon diale il nuovo romanzo di Kundera. Costruito come una pièce teatrale, il libro non è affatto di facile catalogazione. Forse una provocazione intelligente ai lettori. Inizia con una meditazione sull’ombelico femminile, messo sfrontatamente in mostra dalle ragazze a passeggio in una via di Parigi. E Kundera ne dà una chiave interpretativa del nostro tempo: la sfilata di ombelichi tutti uguali è il simbolo della scabra ripetizione cui sembra condannata la nostra epoca. L’uniformità celata sotto l’illusione di individualità. Stanchezza e noia camuffate da sprazzi di buonumore. Se nel primo romanzo “Lo scherzo” l’umorismo non era concesso in un regime totalitario, lo è ancora meno adesso dove viviamo nell’“epoca postbeffarda” dove “tutti gli ombelichi sono uguali”. Un libro che è una sintesi di tutta l’opera di Kundera. Una strana sintesi dove vengono celebrate le fragilità dei sentimenti umani, l’analisi dell’uomo e dei suoi sentimenti. Una commedia umana che, come un cerchio, inizia e si conclude a Parigi, nei Jardin du Luxembourg, un luogo gaio, carico di storia patria e di nat ra addomesticata dove la gente, rilassata e tranquilla, ride e passeggia con evidente buonumore. Un divertissement surrealista in cui si alternano personaggi alle prese con elucubrazioni stravaganti.

La festa dell’insignificanza
Milan Kundera
Adelphi
16 euro

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