Caraglio – È proseguito con la deposizione dell’ultimo testimone di accusa il processo a R. C., titolare della ditta Europoll di Caraglio, accusato delle lesioni che un suo dipendente si procurò alla mano destra mentre tagliava polli perché sprovvisto del guanto in maglia di ferro che la ditta avrebbe dovuto fornirgli. Secondo la difesa invece i guanti erano in dotazione a tutti i dipendenti e in quel giorno di dicembre 2016 S. A., giovane della Costa d’Avorio da poco assunto, se lo sarebbe tolto per fare una gara di velocità di taglio con un suo collega. In seguito all’incidente il giovane, che è stato risarcito con una cifra introno ai 15.000 euro e ha ritirato la costituzione di parte civile al processo, non venne inviato al pronto soccorso e anzi gli sarebbe stato intimato di non recarsi all’ospedale ma di curarsi a casa e se il male fosse continuato, di rivolgersi al proprio medico raccontando di essersi tagliato a casa. Sottoposto a tre interventi chirurgici che però non gli avrebbero restituito la piena funzionalità della mano, la vittima avrebbe deciso di denunciare il datore di lavoro e a seguito dell’esposto gli inviati dello Spresal si recarono alla ditta dove rilevarono alcune irregolarità e stilarono prescrizioni in merito alla sicurezza del luogo di lavoro: “Molti operai non usavano il guanto in maglia di ferro ma solo uno in fibra non adeguato. Prescrivemmo anche un adeguamento nel documento di valutazione del rischio indicando un rischio alto anziché uno medio e un aggiornamento anche nei criteri di scelta dei dispostivi di protezione e sulla formazione”. In merito alle condizioni di lavoro ha riferito nel corso dell’ultima udienza un altro testimone dell’accusa, un giovane anch’egli della Costa d’Avorio che ha raccontato di aver avuto il guanto in maglia di ferro solo dopo essersi tagliato anche lui con il coltello a dicembre 2016: “C’erano solo guanti piccoli che usavano le impiegate di origine cinese, ci dicevano che sarebbero arrivati ma non arrivavano mai. A me li diedero dopo che mi tagliai col coltello. Il titolare mi disse che non sarei dovuto andare al pronto soccorso altrimenti mi avrebbe licenziato”. L’uomo che si è poi licenziato un anno dopo l’incidente ha inoltre riferito di non aver avuto una vera e propria formazione, ma di aver semplicemente osservato come lavoravano altri dipendenti, e di aver fatto turni di lavoro dalle 3 di mattina alle 8 di sera. Il giovane ha anche confermato quanto già aveva riferito S. A., e cioè che in azienda gli era stato intimato di non recarsi al pronto soccorso e di dire che si era tagliato in casa. In aula è stato poi ascoltato il medico legale consulente dell’azienda che una volta l’anno eseguiva una visita di controllo su tutti i dipendenti, e che ha riferito di aver visitato S. A. a circa un anno e mezzo di distanza dall’infortunio constatando l’idoneità alla mansione, non essendoci residuati rispetto all’incidente. Il 3 luglio il processo proseguirà con le ultime deposizioni dei testimoni di difesa.