Cuneo – In Piemonte, dove si alleva il 20% dei capi nazionali da carne, il comparto ha vissuto un’altra annata complicata, sia per i vitelli da ristallo, importati prevalentemente dalla Francia (Garonnese, Charolaise e Limousine), sia per la razza bovina Piemontese.
Se nelle ultime due annate il Covid aveva comportato notevoli difficoltà a fronte di una domanda in contrazione, il 2022 è stato caratterizzato da un aumento incredibile dei costi di produzione. Le materie prime per l’alimentazione hanno subìto rincari esponenziali, dal mais alla soia, ma anche il fieno ha raggiunto prezzi che superano abbondantemente i 300 euro a tonnellata (fino a 350 euro a tonnellata per il fieno maggengo). Prezzi che, soprattutto per mais e fieno, risentono anche di una stagione pesantemente condizionata dalla siccità, che ne ha ridotto significativamente la produzione. I costi elevati hanno portato a un rallentamento dei capi destinati all’ingrasso e, conseguentemente, a una minore offerta complessiva di capi bovini sul mercato.
Nonostante una minore disponibilità di animali, i prezzi di vendita si sono progressivamente innalzati, come attestano anche le rilevazioni periodiche della Commissione prezzi del bestiame bovino della Camera di commercio di Cuneo, ma non ancora sufficienti per coprire i maggiori costi sostenuti dagli allevatori.
Un quadro dell’attuale situazione viene dai dati degli allevamenti piemontesi riportati Banca dati nazionale dell’anagrafe zootecnica (Bdn) del ministero della Salute: al 30 giugno 2021 erano presenti oltre 521.000 capi bovini nelle aziende specializzate negli allevamenti da carne; al 30 giugno 2022 sono poco più di 515.000.
La Piemontese, prima razza autoctona a livello nazionale, continua a esprimere numeri importanti con 328.000 capi sul territorio regionale (su 348.000 in Italia), seguita a distanza dalle altre razze da carne (Garonnese e Limousine hanno 46.000 capi ciascuna).
Per la razza Piemontese, il rallentamento dell’offerta di vitelloni, a cascata, sta condizionando negativamente il mercato degli svezzati con inevitabili ripercussioni per gli allevamenti linea vacca-vitello.
Considerando che l’Italia ha un grado di autoapprovvigionamento di carne bovina del 50% (il resto è import), gli allevamenti linea vacca-vitello rappresentano una componente strategica e fondamentale della filiera, che può permetterci di limitare la dipendenza strutturale dagli altri Paesi.
A fronte di tutte queste difficoltà, Coldiretti ha contribuito alla messa in campo di misure straordinarie a favore della zootecnia, in particolare per il comparto bovino da carne, dall’integrazione all’aiuto accoppiato al sostegno sulle razze autoctone.