Cuneo – L’operazione condotta a termine dai Carabinieri di Livorno nel novembre del 2017 si chiamava ‘Raggio di sole’ e portò a sgominare una banda che aveva come obiettivo il furto di pannelli fotovoltaici per poi portarli in Marocco con furgoni che attraversavano la Spagna. Dieci le regioni coinvolte e numerose le aziende vittime dei furti di pannelli, circa 2.000, per un bottino stimato in 8 milioni di euro. A novembre del 2017 scattarono le manette per circa 90 persone, tutte di origine marocchina, cui seguì lo spacchettamento dell’intera inchiesta con l’invio dei fascicoli alle diverse Procure interessate dai colpi messi a segno dall’organizzazione a cui venne contestata l’associazione a delinquere.
In Piemonte erano stati messi a segno due colpi, a Caramagna Piemonte e Villanova d’Asti; il furto più ingente quello ai danni della ditta di Caramagna che portò il fascicolo dell’indagine alla procura di Cuneo dove è stato celebrato il processo a carico di J.D. accusato di aver fatto parte dell’organizzazione come tramite fra il gruppo che realizzava materialmente i furti e il gruppo che si occupava del trasporto in Marocco.
“Si trattava di un’organizzazione molto ben organizzata – ha sottolineato in aula durante la sua arringa il pubblico ministero Mario Pesucci -, talmente rodata da riuscire a ridurre al minimo i contatti telefonici e solo nell’imminenza del colpo”. A carico di J.D. c’erano alcune intercettazioni telefoniche in cui lui veniva chiamato con un soprannome, e i pagamenti che lui stesso aveva fatto ai trasportatori tramite versamenti con la Western Union.
Un camion con 296 pannelli venne individuato in Francia e poi fermato in Marocco. Per la sua partecipazione attiva all’interno dell’organizzazione l’accusa ha chiesto una condanna a 6 anni di reclusione e 1.400 euro di multa. Per il difensore Nicola Ferrua però per il furto nell’azienda di Villanova d’Asti non si poteva contestare l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede trattandosi di azienda privata e mancando la querela per il furto semplice non si poteva procedere, mentre per il reato di associazione a delinquere il difensore ha messo in dubbio la certa individuazione dell’imputato che non si trovava neanche in Piemonte al momento dei furti. Le sole intercettazioni telefoniche in cui l’imputato sarebbe stato chiamato con un soprannome non erano sufficiente ad eliminare ogni dubbio sulla sua certa identificazione e l’avvocato ha concluso con la richiesta di assoluzione.
Una ricostruzione accolta dal collegio dei giudici che ha assolto l’imputato per non aver commesso il fatto.